Non spetta alla Consulta francese esaminare la compatibilità del diritto interno con il diritto Ue

Una sentenza di difficile lettura che da un lato riconosce che spetta ai giudici amministrativi e di merito controllare direttamente la conformità di una legge interna con il diritto Ue con ciò rafforzando il diritto comunitario ma, dall’altro lato, spiana la strada all’applicazione di una norma contraria alla direttiva 2008/115 del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. E’ quanto risulta dalla decisione n. 2011-217 del 3 febbraio 2012 (conseil-constitutionnel-104672) con la quale il Consiglio costituzionale francese ha stabilito che non tocca ai giudici costituzionali pronunciarsi sulla compatibilità delle norme interne con il diritto Ue, con la conseguenza che la Corte può accertare unicamente se una pena è sproporzionata rispetto all’infrazione commessa. Alla Consulta francese si era rivolta la Cassazione perché uno straniero condannato in base all’articolo 621-1 della legge sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo sosteneva che detta norma era in contrasto con l’articolo 61 della Costituzione nella parte in cui prevede la pena detentiva di un anno e un’ammenda di 3.750 euro per gli stranieri che entrano in Francia illegalmente in ragione della non conformità alla direttiva 2008/115 come interpretata dalla Corte Ue con la sentenza del 6 dicembre 2011 (causa C-329/11). La Consulta ha, invece, rifiutato di pronunciarsi ritenendo che una situazione di contrasto con il diritto Ue non può essere analizzata sotto il profilo dell’incostituzionalità ex articolo 61, ma ciò spetta alle giurisdizioni amministrative e giudiziarie. Detto questo, però, la Corte ha ritenuto che le sanzioni fissate dall’articolo 621 non sono manifestamente sproporzionate e sono quindi conformi alla Costituzione.

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