Non scatta la litispendenza se la sentenza straniera è sul divorzio e il processo in Italia è sulla separazione

La sentenza straniera in materia di divorzio deve essere riconosciuta in Italia anche se pende un procedimento di separazione. E questo soprattutto nei casi in cui l’ordinamento straniero non prevede l’istituto della separazione. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, prima sezione civile, con la pronuncia depositata il 1° dicembre (24542-divorzio).

Tutto era partito dalla richiesta di una donna che si era rivolta ai giudici italiani chiedendo la separazione dal marito e l’affido condiviso dei figli. I coniugi, entrambi albanesi, si erano sposati in Albania e il marito si era opposto alla separazione sostenendo che in Albania non è previsto tale istituto. Tuttavia, poiché era sopraggiunta la sentenza di divorzio, il Tribunale aveva disposto il riconoscimento della pronuncia straniera. La donna aveva impugnato la decisione adducendo la competenza dei giudici italiani in quanto luogo in cui la vita matrimoniale era prevalentemente localizzata e sostenendo che la pronuncia non poteva essere riconosciuta in quanto il procedimento di divorzio in Albania era stato instaurato successivamente a quello della separazione in Italia. La Corte di appello aveva dato ragione alla donna. Di qui il ricorso in Cassazione dell’ex marito. Prima di tutto, la Suprema Corte parte dall’esigenza di verificare la legge applicabile alla separazione e al divorzio che, ai sensi dell’articolo 31 della legge n. 218/95, è la legge nazionale comune dei coniugi (in questo caso quella albanese) o, in mancanza, la legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Nessun dubbio che in base ai criteri di cui all’articolo 31 dovrebbe essere applicata la legge albanese, ma la Cassazione ritiene indispensabile verificare se la legge richiamata preveda la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, chiarendo che, nel caso in cui così non fosse, dovrebbe essere applicata la legge italiana. Tuttavia, secondo la Cassazione, in forza di una ratio antidiscriminatoria, ciò potrebbe avvenire “solo ove non esista (ndr. in Albania) alcuna forma di dissoluzione del legame matrimoniale o vi siano istituti contrastanti con il principio di uguaglianza tra i coniugi”. Così non era e, quindi, per la Cassazione, la Corte di appello ha erroneamente applicato l’articolo 31, richiamando unicamente il criterio della prevalente localizzazione della vita matrimoniale, mentre andava considerata la legge nazionale comune. Detto questo, la Cassazione è passata a verificare l’esistenza di ostacoli al riconoscimento della pronuncia albanese di divorzio ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 218, arrivando alla conclusione che il processo separativo italiano non ha lo stesso oggetto di quello di divorzio. Escluso il criterio della prevenzione temporale, la Cassazione dà il via libera al riconoscimento in Italia della sentenza straniera sul divorzio, non ritenendo applicabile la condizione ostativa della litispendenza. La Suprema Corte ha così cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di appello di Firenze.

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