Spetta agli ordinamenti degli Stati membri disciplinare le modalità e i requisiti relativi all’affidamento di un bambino a un genitore. Di conseguenza, il trasferimento di un minore da un genitore verso un altro Stato membro è illecito solo nei casi in cui siano stati violati i diritti di custodia concessi dal diritto interno. Lo ha precisato la Corte di giustizia Ue nella sentenza depositata il 5 ottobre 2010 (C-400/10, MCBMcB) relativa all’interpretazione del regolamento n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. La vicenda approdata a Lussemburgo ha preso il via da un ricorso presentato da un cittadino irlandese a seguito della decisione della sua compagna di andare in Inghilterra con i tre figli. In base al diritto irlandese l’affidamento dei figli a un padre non coniugato può essere concesso unicamente dopo una decisione dell’autorità giudiziaria. I tribunali irlandesi, quindi, avevano respinto la richiesta del padre, che non aveva ottenuto alcun provvedimento di affidamento, in ordine al rientro dei minori in Irlanda non ritenendo che si fosse verificato alcun trasferimento illecito.
La Corte Ue, dopo aver chiarito che il regolamento 2201/2003 lascia agli Stati membri la scelta sull’attribuzione dei diritti di affidamento a un genitore naturale, ha delineato l’ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali e ha utilizzato la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo per interpretare gli articoli 7 e 24 della Carta di Nizza.
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