Nuova condanna all’Italia per trattamenti disumani nelle carceri. Con un’aggiunta alla consueta constatazione della violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nella sentenza depositata il 1° luglio (AFFAIRE SABA c. ITALIE), infatti, la Corte di Strasburgo ha anche chiarito che la prescrizione può risultare contraria alla Convenzione laddove permette ad agenti dello Stato di rimanere impuniti.
A Strasburgo si era rivolto un detenuto del carcere di Sassari che era stato sottoposto a maltrattamenti. I fatti risalivano al 2000. Solo nel 2009 il Tribunale di Sassari aveva pronunciato una sentenza di primo grado con la quale aveva dichiarato la prescrizione per 7 agenti penitenziari. Altri erano stati condannati a pene lievi. Via via che il procedimento interno è andato avanti, sino al giudizio in Cassazione, i proscioglimenti per prescrizione sono aumentati e in altri casi le pene sono state di lieve entità. Di qui la decisione del detenuto di rivolgersi alla Corte europea che gli ha dato ragione. Nell’analizzare la violazione – sia sotto il profilo sostanziale che procedurale – dell’articolo 3 della Convenzione europea che vieta trattamenti disumani e degradanti, Strasburgo ha constatato che sui fatti avvenuti, incluso un episodio in cui il ricorrente era stato costretto a passare tra due file di agenti muniti di sfollagente e insultato, non vi erano divergenze tra le parti in causa. Nel caso di specie, poiché non vi è stato un atto di violenza fisica e l’episodio è stato di breve durata, Strasburgo giunge alla conclusione che non si è trattato di un caso di tortura ma di un atto disumano. Il ricorrente, infatti, è stato umiliato, subendo una forte tensione emotiva, sensazione di angoscia e di inferiorità con timore per la propria sorte, situazione che porta la Corte a concludere per la violazione dell’articolo 3. Ma c’è di più. Perché sono proprio le lacune in sede di accertamento delle responsabilità ad allarmare Strasburgo, tenendo conto che gli Stati sono tenuti a svolgere inchieste approfondite e punire i responsabili. Con un obbligo preciso di comportamento legato anche ai tempi di apertura dell’inchiesta, alla sanzione pronunciata e alle misure disciplinari adottate, parametri da considerare per accertare la conformità alla Convenzione del comportamento dello Stato. Che deve garantire, tra l’altro, un effetto deterrente. E’ vero che i tribunali nazionali sono liberi nella scelta delle sanzioni, ma la Corte ha un ruolo di controllo laddove esiste una sproporzione manifesta, come nel caso di specie, tra la gravità degli atti e la pena inflitta. Quando poi sono coinvolti agenti dello Stato è fondamentale che l’accertamento della responsabilità non sia bloccato dalla prescrizione. Di qui la constatazione della violazione dell’articolo 3 anche sotto il profilo procedurale considerando che il reato si è prescritto per alcuni, in altri casi è stata inflitta una sanzione di appena 100 euro e in altri casi ancora la pena è stata sospesa.
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