Nessuna violazione del ne bis in idem se alla multa si affianca il ritiro della patente

Nessuna violazione del principio del ne bis in idem se alla multa per eccesso di velocità comminata in un procedimento penale segue, per lo stesso fatto, il ritiro della patente deciso in un procedimento amministrativo. E questo anche se entrambe le misure possono essere inquadrate tra quelle penali. E’ la Corte europea dei diritti dell’uomo a stabilirlo nella sentenza Rivard contro Svizzera (ricorso n. 21563/12,affaire-rivard-c-suisse), depositata il 4 ottobre, a seguito del ricorso di un cittadino canadese residente in Svizzera che era stato condannato a una multa di 600 franchi svizzeri per eccesso di velocità. Due mesi dopo gli era stata ritirata la patente. Il ricorrente aveva contestato la misura ritenendo di essere stato oggetto di una doppia condanna per uno stesso fatto in violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione dei diritti dell’uomo, norma che vieta un doppio procedimento per uno stesso reato per il quale un individuo sia stato già assolto o condannato. Tutti i ricorsi interni erano stati respinti. Di qui l’azione a Strasburgo che, però, ha respinto il ricorso. Strasburgo ricorda che la classificazione di una misura tra quelle penali o amministrative non dipende dal diritto interno, ma dalla presenza di alcuni elementi individuati dalla Corte europea che, a suo avviso, erano presenti nel caso di specie. D’altra parte, in questo caso, il ritiro della patente è una sanzione supplementare che completa la condanna penale ossia la multa, con la conseguenza che il principio del ne bis in idem deve essere applicato. Tuttavia, pur in presenza di uno stesso fatto, ossia l’eccesso di velocità che dà origine a due procedure, una penale e l’altra amministrativa, in questo caso non c’è stata violazione del principio del ne bis in idem. Le sanzioni inflitte al ricorrente – precisa la Corte – sono state pronunciate da due autorità distinte in due procedimenti diversi, ma in presenza di un legame materiale e temporale “sufficientemente stretto perché si possa considerare il ritiro della patente come una delle misure previste dal diritto interno per la punizione dei reati legati alla guida”. E’, quindi, la necessità di coordinare le procedure che ha portato a due momenti distinti per applicare misure sanzionatorie (entrambe, in sostanza, penali) riferite allo stesso fatto. Il lasso temporale trascorso tra i due procedimenti è stato poi minimo e il ritiro della patente è stato deciso appena la condanna per eccesso di velocità è divenuta esecutiva. Il provvedimento di ritiro della patente, così, non è altro che una pena complementare rispetto a quella penale e i due procedimenti, penale e amministrativo, sono due aspetti di un sistema unico, senza che si possa configurare un doppio procedimento in grado di far scattare la violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 7.

1 Risposta
  • gianfranco fiore
    ottobre 22, 2016

    Se un cittadino Italiano fà ricorso al CEDU per un caso simile ,viene subito dichiarato iiricevibile .La Sezione Italia del CEDU è intasata dai ricorsi e,lesta nell’irricevibilità.Figuriamoci se lo Stato Italiano protesta.La legge Pinto per le grandi questioni offre risorse ridicole,pensiamo a chi ha fatto un ricorso per un concorso pubblico tra TAR lazio e CdS arriva a non avere più l’età per fare concorsi cosa chiede?Stò preparando un ricorso in tal senso per sensibiloizzare Il Capo dello Stato.Occorrono rimedi Italiani ,basti pensare al ne bis in Idem era normale in Italia per i reati fiscali .Nessuno faceva ricorso ,spesso perchè senza soldi .L’avvocato Franzo Grande Stevens ha fatto ricorso e l’ha vinto,gli altri subiscono perchè per loro l’accesso al CEDU è un miraggio.

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