Nessun obbligo di danni punitivi per i licenziamenti discriminatori

Se l’ordinamento interno non prevede l’applicazione di danni punitivi, il giudice nazionale non può avvalersi, per applicarli, della direttiva Ue 2006/54 sull’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 17 dicembre (causa C-407:14). La vicenda approdata a Lussemburgo ha preso il via dal licenziamento di una dipendente di un istituto penitenziario minorile. La donna aveva impugnato il licenziamento ritenendo di essere vittima di una discriminazione fondata sul sesso. Il giudice del lavoro di Cordoba (Spagna) le aveva dato ragione, ma aveva ipotizzato un indennizzo limitato a 3mila euro. Di conseguenza,  nutrendo dubbi sulla possibilità di corrispondere un risarcimento superiore in base all’articolo 18 della direttiva, sotto la forma dei danni punitivi, malgrado non siano previsti nell’ordinamento interno, il Tribunale spagnolo ha chiesto un aiuto agli eurogiudici. Prima di tutto Lussemburgo ha sottolineato che i cambiamenti introdotti nella direttiva 2006/54, recepita in Italia con Dlgs n. 5/2010, rispetto alla precedente normativa puntano proprio ad assicurare una maggiore efficacia punitiva nei confronti dei datori di lavoro che dispongono licenziamenti discriminatori. Le sanzioni, infatti, devono avere un effetto dissuasivo reale e generale, non circoscritto al perimetro del singolo caso. Negli ordinamenti interni, quindi, deve essere previsto un sistema di liquidazione del danno che porti a un risarcimento integrale. Questo perché il risarcimento non deve solo riparare o indennizzare il danno subito in modo effettivo e proporzionale, ma deve avere anche un effetto dissuasivo rispetto a altri comportamenti. Pertanto, malgrado non sussista alcun obbligo di previsione dei danni punitivi, gli ordinamenti nazionali devono assicurare o la riassunzione del soggetto discriminato o un risarcimento monetario del danno. Che – scrive Lussemburgo – deve essere adeguato e consentire un’integrale riparazione del danno. Tuttavia, la direttiva non impone agli Stati membri di prevedere l’applicazione di danni punitivi e, quindi, se non previsti, il giudice nazionale non ha una base giuridica nella direttiva.  Di conseguenza, tenendo conto dell’articolo 18 della direttiva 2006/54, gli Stati membri, che optano per una forma pecuniaria di riparazione, sono tenuti a stabilire un “indennizzo che copra integralmente il danno subito ma non il versamento di danni punitivi” che possono, però, liberamente inserire nel proprio ordinamento per assicurare una protezione più favorevole per la vittima. A patto che i criteri stabiliti per calcolare l’entità della sanzione rispettino i principi di equivalenza e di effettività.

 

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