Se manca una connessione sostanziale e se la sovrapposizione tra il procedimento tributario e quello penale è limitata dal punto di vista temporale è certa la violazione del principio del ne bis in idem nei casi in cui un individuo sia sottoposto al doppio procedimento con riguardo allo stesso fatto. Lo ha chiarito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza del 18 maggio relativo alla causa Johannesson e altri contro Islanda (ricorso n. 22007/11, CASE OF JOHANNESSON) che, da un lato, ha confermato l’obbligo di applicare il test in ordine all’esistenza di una connessione temporale e sostanziale sufficientemente stretta dei due procedimenti e, dall’altro lato, ha fornito un’interpretazione che in parte neutralizza o restringe fortemente la sua applicazione concreta.
L’azione a Strasburgo è stata avviata da due cittadini islandesi e da una società (il ricorso di quest’ultima è stato dichiarato irricevibile) al centro di un accertamento fiscale che aveva portato l’amministrazione tributaria a comminare ai due ricorrenti una sovrattassa. Dopo qualche mese era stato iniziato anche il procedimento penale per evasione fiscale conclusosi con una condanna a una misura detentiva (pena sospesa) e al pagamento di una multa. Per i ricorrenti il doppio procedimento era contrario all’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto a non essere processato o punito due volte per lo stesso reato. Una posizione che la Corte di Strasburgo ha condiviso, condannando l’Islanda. Chiarito che la sanzione e il procedimento tributario avevano, nella sostanza, natura penale e che i fatti contestati erano identici così come gli autori dell’illecito, la Corte precisa la portata della sentenza della Grande Camera nel caso A. e B. contro Norvegia (case-of-a-and-b-v-norway) con la quale era stato chiarito che il principio del ne bis in idem non si applica se i due procedimenti sono strettamente legati dal punto di vista sostanziale e temporale in modo da realizzare un’integrazione tra le due azioni con la conseguenza che i due procedimenti ne formano uno unico. Nel caso Johannesson, la Corte ha accertato la mancanza dell’elemento della connessione temporale in quanto la sovrapposizione nei tempi era stata limitata perché i procedimenti si erano svolti in parallelo solo per un anno su una durata complessiva di 9. Non solo. Il procedimento penale si era svolto in modo autonomo anche sotto il profilo delle indagini e della raccolta e valutazione delle prove, in modo differente dal caso A e B. contro Norvegia in cui i fatti accertati in un procedimento erano stati utilizzati nell’altro e nel decidere la pena nel procedimento penale i giudici avevano tenuto conto della sanzione amministrativa.
Di qui la conclusione, nella sentenza Johannesson, dell’assenza di una connessione sostanziale e temporale “sufficientemente stretta” e l’evidente duplicazione del processo, con una chiara violazione del principio del ne bis in idem da parte dell’Islanda che ha imposto ai ricorrenti un pregiudizio sproporzionato.
Si vedano, tra gli altri, i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/nessuna-violazione-del-ne-bis-in-idem-se-alla-multa-si-affianca-il-ritiro-della-patente.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/market-abuse-e-ne-bis-in-idem-la-parola-a-lussemburgo.html.
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