Ne bis in idem e Cedu: la Cassazione conferma il no alla disapplicazione

Un freno a interpretazioni autonome da parte dei giudici di merito che portano a disapplicare una norma interna in forza di un contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, senza sollevare la questione di legittimità costituzionale. La Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la pronuncia n. 25815/16 depositata ieri (25815:16) ha disposto l’annullamento della sentenza del Tribunale di Asti che aveva assolto l’imputato per un reato e stabilito che per le altre imputazioni non si doveva procedere in quanto era stato già destinatario di sanzioni amministrative per gli stessi fatti oggetto del procedimento penale. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino ha impugnato la pronuncia dinanzi alla Cassazione che gli ha dato ragione. Per la Suprema Corte, l’articolo 649 c.p.p., che fissa il divieto di un nuovo processo penale per il medesimo fatto, non può essere interpretato autonomamente dal giudice di merito alla luce dell’articolo 4 (sul principio del ne bis in idem) del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo secondo i criteri stabiliti nella sentenza Grande Stevens, superando il chiaro dato letterale della norma. E’, infatti, evidente, che l’interpretazione convenzionalmente orientata non appare possibile visto la chiara formulazione della norma. L’articolo 649, infatti, si riferisce a più procedimenti penali per il medesimo fatto e non si può, quindi, estendere il suo ambito applicativo “a sanzioni irrogate l’una dal giudice penale, l’altra da un’autorità amministrativa” nei casi in cui tra le due violazioni c’è un rapporto di progressione illecita. Il Tribunale – osserva la Cassazione – non aveva la possibilità di interpretare l’articolo in esame in modo conforme alla Convenzione alla luce della sentenza Grande Stevens ed Engel e, quindi, anche sulla base delle sentenze della Corte costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007, avrebbe dovuto constatare l’impossibilità di interpretare l’articolo 649 in modo conforme alla regola convenzionale e sollevare la questione di legittimità costituzionale ex articolo 117 della Costituzione in relazione all’articolo 4 del Protocollo n. 7 nella parte in cui l’articolo 649 non prevede l’applicabilità del divieto di un secondo giudizio se l’imputato è stato già giudicato con un provvedimento irrevocabile, per il medesimo fatto, nell’ambito di un procedimento amministrativo.

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