Spazio alla maternità surrogata e alla trascrizione di atti stranieri che riconoscono il rapporto di filiazione ottenuto con tecniche di procreazione vietate nel proprio Stato. E’ Strasburgo a sdoganare questa prassi, seppure per via indiretta, in parte vanificando, nel nome dell’interesse superiore del minore e del riconoscimento degli status, i divieti nazionali. E lo ha fatto con la sentenza depositata il 26 giugno (Mennesson contro Francia, AFFAIRE MENNESSON c. FRANCE). Per la Corte europea dei diritti dell’uomo, per garantire il diritto all’identità personale e alla vita privata del minore (assicurato dall’articolo 8 della Convenzione), le autorità nazionali devono procedere alla trascrizione di atti stranieri che riconoscono il legame con i genitori che ricorrono all’estero alla maternità surrogata malgrado il divieto legislativo in patria. A rivolgersi alla Corte sono stati due genitori che avevano fatto ricorso alla maternità surrogata in California. Dopo la nascita di due gemelli, registrati negli Stati Uniti, avevano chiesto la trascrizione all’autorità consolare francese. Che aveva opposto un fermo no. Con passaporto americano la coppia era rientrata in Francia. Gli inquirenti francesi avevano aperto un’inchiesta, chiusa perché il reato era stato commesso negli Stati Uniti. La coppia non era neanche riuscita a far trascrivere la sentenza statunitense, che riconosceva il rapporto di filiazione con i genitori legali (il padre lo era anche per via biologica), perché contraria all’ordine pubblico e a valori fondamentali. Di qui il ricorso a Strasburgo. Prima di tutto, la Corte europea ha riconosciuto il margine di apprezzamento garantito agli Stati nelle scelte sulla fecondazione in vitro. Tanto più che – osserva la Corte – ci sono molte divergenze tra i paesi parti alla convenzione. Se, quindi, non vi è una violazione del diritto alla vita familiare dei genitori proprio perché gli Stati hanno un ampio margine di discrezionalità e possono vietare la maternità surrogata, la Francia ha però violato il diritto alla vita privata dei figli. Gli Stati, infatti, anche quando stabiliscono legittimamente norme interne che vietano forme di maternità surrogata, non possono trascurare, in ogni decisione, l’interesse superiore del minore. Che, in questo caso, è stato messo da parte. Con un effetto paradossale perché da un lato i figli sul documento statunitense hanno come genitori quelli legali, ma in Francia si vedono privati del riconoscimento della filiazione perché le autorità francesi, pur non negando la paternità biologica, hanno impedito ogni effetto giuridico. Con conseguenze negative anche su altri fronti come eventuali questioni ereditarie. Questa incertezza – precisa la Corte – ha danneggiato i minori e la loro identità. Di qui il freno alle autorità nazionali che non possono scoraggiare l’uso di tecniche vietate in patria sacrificando l’interesse superiore del minore. Strada spianata così alla trascrizione dell’atto straniero.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/maternita-surrogata-uno-studio-della-commissione-internazionale-di-stato-civile.html
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