Il Parlamento italiano non reagisce di fronte a un vuoto normativo, malgrado le richieste della Corte costituzionale e, così, la Corte di Cassazione, Prima sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 1842 depositata il 22 gennaio 2022 (1842 – maternità surrogata), ha chiesto alle Sezioni Unite di fornire un’interpretazione per conciliare tutela del minore nato all’estero da maternità surrogata, limite dell’ordine pubblico ed esigenza di scoraggiare l’utilizzo di questa pratica vietata in Italia.
A rivolgersi alla Cassazione sono stati il Ministro dell’Interno e il Sindaco di Verona. La vicenda era iniziata dalla richiesta di una coppia dello stesso sesso che si era vista opporre un no dall’ufficiale dello stato civile di Verona all’istanza di trascrizione dell’atto di nascita del figlio minore, nato in Canada attraverso la maternità surrogata. I due uomini, cittadini italiani, si erano sposati in Canada e avevano poi trascritto il matrimonio nei registri delle unioni civili. Il bambino era nato in Canada e lì era stato registrato, inizialmente, un unico genitore, senza indicazione della donatrice dell’ovocita o della madre gestionale. Dopo un ricorso alla Corte suprema della British Columbia, i ricorrenti avevano ottenuto di essere indicati come genitori, ma l’ufficiale di stato civile del Comune di Verona non aveva accolto l’istanza di rettifica dell’atto di nascita. I ricorrenti avevano chiesto la delibazione della sentenza canadese e la Corte di appello di Venezia, anche tenendo conto dell’interesse superiore del minore e del suo diritto alla conservazione dello status, aveva stabilito che la sentenza poteva essere eseguita in Italia perché sussistevano i requisiti previsti dall’articolo 67 della legge n. 218/95 e non vi erano ostacoli sotto il profilo dell’ordine pubblico perché l’ordinamento italiano già prevede l’ipotesi di due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto la rettificazione dell’attribuzione del sesso. Il Ministro dell’Interno e il Sindaco di Verona avevano impugnato in Cassazione. Per la Prima sezione civile si è verificato un vuoto normativo e interpretativo (malgrado alcune pronunce delle Sezioni Unite) a seguito dell’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 33 del 9 marzo 2021 che, richiamando il valore preminente dell’interesse superiore del minore, aveva sottolineato l’importanza del riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale e l’inidoneità del ricorso all’adozione in casi particolari. L’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza del 2019, che richiamava proprio l’utilizzo dell’adozione in casi particolari e il diritto vivente non consentono – scriveva la Consulta – di assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai principi convenzionali e costituzionali. La Corte Costituzionale aveva chiesto al legislatore di intervenire, ma nulla è stato fatto. Per la Prima Sezione è così indispensabile un nuovo intervento delle Sezioni Unite perché le diverse interpretazioni possibili possono condurre anche a un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Saranno le Sezioni Unite, quindi, a fornire l’interpretazione adeguatrice al dettato della Corte costituzionale, della Corte europea dei diritti dell’uomo e del diritto dell’Unione europea, con particolare riguardo all’esistenza di un limite alla possibilità di non riconoscere lo status filiationis acquisito all’estero da un minore cittadino italiano nato da maternità surrogata nei casi in cui si verifichi la perdita dello status, con conseguenze sulla libera circolazione.
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