Il 6 agosto 2021 la Commissione europea ha pubblicato il documento di lavoro che contiene le informazioni quantitative sul funzionamento del mandato di arresto europeo (SWD(2021) 227, European arrest warrant), lo strumento più utilizzato nel contesto della cooperazione giudiziaria penale dell’Unione europea, introdotto con la decisione quadro n. 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri, modificata dalla n. 2009/299. L’atto è stato recepito in Italia con legge n. 69/2005, modificata dal decreto legislativo n. 10 del 2021.
I dati pubblicati si riferiscono al 2019 e si rifanno alle informazioni fornite dagli Stati entro aprile 2021 (con ritardi dovuti alla pandemia). La Commissione, con questo monitoraggio annuale, ha la possibilità di accertare il numero di mandati di arresto europei emessi ed eseguiti in relazione al singolo Stato membro, il numero di persone arrestate, i reati per i quali sono stati emessi i mandati di arresto, i motivi di rifiuto e la durata del procedimento di consegna. Tuttavia, è opportuno sottolineare che i dati non sono completi perché mancano all’appello alcuni Stati.
Con riferimento al 2019, nel complesso, i mandati di arresto europei emessi sono stati 20.226 (17.471 nel 2018) e 5.665 quelli eseguiti (mancano, però, i dati di Malta e Belgio). Gli arresti sono stati 7.658 (dati che riguardavano 26 Stati membri) a fronte dei 7.527 del 2018, con il numero più alto di arresti eseguiti da parte della Germania (1.590), seguita dalla Spagna (907), dai Paesi Bassi (801) e dalla Romania (689).
L’Italia ha emesso 1.430 mandati (1.362 nel 2018) dei quali 822 per eseguire una sentenza o un ordine di detenzione e ne ha eseguiti 207 (342 nel 2018).
Nel complesso, un elemento negativo è nei tempi di consegna perché alcuni Stati membri non rispettano le scadenze previste nell’atto Ue. In ogni caso, per i tempi, incide molto il consenso alla consegna da parte della persona interessata. Va detto che non tutti gli Stati hanno fornito informazioni sul punto: la media è stata calcolata tra 22 Stati e, in caso di consenso dell’interessato, essa è stata di 16,7 giorni dal momento dell’arresto. In genere i tempi più lunghi sono stati di Cipro (ben 60 giorni), seguito da Slovacchia (38 giorni) e Polonia (36). I tempi più brevi in Lussemburgo (0,97 giorni), Malta (3 giorni) e Lituania (2). Nei casi di mancato consenso, su dati riferiti a 23 Stati, la procedura è durata 55,75 giorni: un balzo in avanti rispetto ai 45,12 giorni del 2018. L’Italia fa peggio di tutti con una durata di 90 giorni (insieme a Cipro), mentre il dato migliore è di Lettonia (4 giorni) e Malta (7).
Per quanto riguarda i motivi di rifiuto, il 44% dei casi è stato dovuto a quanto previsto dall’articolo 4 par. 6 ossia i casi in cui l’azione penale o la pena è caduta in prescrizione secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione e i fatti rientrano nella competenza di tale Stato membro in virtù del proprio diritto penale. Dal 2005 al 2019 sono stati registrati 205.801 mandati di arresto, dei quali quelli eseguiti sono stati 61.983 .
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