Prima di tutto l’uniformità e l’attuazione rapida del mandato di arresto europeo. Anche se comporta il sacrificio di diritti stabiliti nelle costituzioni nazionali. Lo ha affermato la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Melloni depositata oggi (causa C-399/11C-399:11). I giudici di Lussemburgo sono stati chiamati in causa dalla Corte costituzionale spagnola che ha chiesto di interpretare l’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584 relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna, come modificata dalla 2009/299/Gai. In particolare, la Corte spagnola voleva un chiarimento sulla possibilità per lo Stato di esecuzione di subordinare l’attuazione di un mandato di arresto alla condizione che il procedimento in contumacia che ha condotto alla condanna possa essere oggetto di revisione. Al centro della vicenda un cittadino italiano che era stato condannato in contumacia, perché si era sottratto volontariamente alla giustizia, per bancarotta fraudolenta. Le autorità spagnole avevano disposto la consegna del condannato che aveva impugnato il provvedimento ritenendo che vi fosse stata una violazione della Costituzione spagnola perché la consegna non era stata condizionata alla possibilità di chiedere una revisione del processo. La Corte Ue ha chiarito che l’articolo 4 bis prevede che lo Stato di esecuzione possa rifiutare la consegna se l’interessato non sia comparso personalmente nel processo ma questo non nel caso in cui il condannato sia stato informato a tempo debito dell’inizio del processo o abbia nominato dei legali che lo hanno poi effettivamente difeso. Questo era il caso del ricorrente. Di conseguenza, per la Corte, lo Stato di esecuzione non poteva condizionare l’esecuzione del provvedimento alla revisione del processo. Nessuna contrarietà, poi, con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali che assicura il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Se l’interessato di sua spontanea volontà rinuncia a comparire non si verifica alcuna lesione del diritto in esame come, d’altra parte, ha già stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo interpretando l’articolo 6 della Convenzione. In ultimo, la Corte ha analizzato la portata dell’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in base al quale nessuna disposizione della Carta può essere interpretata nel senso di limitare i diritti dell’uomo riconosciuti, tra gli altri, dalla CEDU e dalle Costituzioni degli Stati membri. Nel chiarire la portata di tale norma la Corte ha individuato come criterio guida il primato del diritto Ue sul diritto interno arrivando alla conclusione che l’articolo 53 non consente di rimettere in discussione “l’uniformità dello standard di tutela dei diritti fondamentali definiti dalla decisione quadro” perché ciò nuocerebbe “ai principi di fiducia e riconoscimento reciproci” che l’atto Ue mira a rafforzare.
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