Mandato di arresto europeo alla prova della depenalizzazione

La depenalizzazione ha effetti anche sull’applicazione del mandato di arresto europeo. Non è possibile, infatti, procedere alla consegna di un condannato se in Italia il fatto per il quale è richiesta la consegna non è più reato al momento della decisione sull’esecuzione del mandato di arresto. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 5749/16 depositata l’11 febbraio (2_5749_2016) con la quale è stata annullata la decisione della Corte di appello di Genova che aveva dato il via libera alla consegna di un cittadino rumeno ai fini dell’esecuzione di una sentenza penale di condanna per guida senza patente in patria. La scelta della Cassazione è stata fondata sull’assenza del requisito della doppia punibilità ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 69/2005 con la quale è stata recepita la decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri, non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 8. Ad avviso della Suprema Corte, la depenalizzazione disposta con Dlgs. n. 8 del 15 gennaio 2016 ha condotto all’eliminazione del reato di guida senza patente. Ed invero, scrivono i giudici della Cassazione, la giurisprudenza si è già attestata nel senso di ritenere che, per accertare la sussistenza della doppia punibilità, si deve verificare se il fatto per il quale è richiesta la consegna era considerato reato nel momento della proposizione della domanda da parte dello Stato di emissione, mentre non ha rilievo il momento della commissione. Principio condiviso nella sentenza n. 5749, con una precisazione, però, perché per la Suprema Corte si deve considerare non solo il momento della richiesta ma anche quello della decisione. La depenalizzazione ha portato al venir meno della sussistenza della doppia punibilità con conseguente annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato nell’ordinamento italiano.

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