Lotta alla pirateria: il Parlamento Ue vuole tribunali speciali internazionali

Le misure messe in campo per la lotta alla pirateria marittima non bastano. Gli eurodeputati chiedono, quindi, alla Commissione e al Consiglio Ue un accordo su regole comuni per l’impiego di personale armato sulle navi e un miglioramento delle strutture giudiziarie con la creazione di tribunali speciali antipirateria in Somalia e in alcuni Paesi del Corno d’Africa. Prima di tutto, però,- osservano i parlamentari europei nella risoluzione approvata il 10 maggio (pirateria) – è necessario adottare misure strutturali per rimuovere le cause che procurano i fenomeni di pirateria soprattutto al largo delle coste della Somalia e del Corno d’Africa. Critiche alle autorità nazionali che hanno, invece, dimezzato le risorse. Nella missione Ue NAVFOR ATALANTA (l’operazione  antipirateria targata Ue, prorogata fino al dicembre 2014) gli Stati hanno, di fatto, ridotto all’osso l’impegno: dalle otto navi dispiegate nel 2011 si è passati a due navi nel 2012. In Somalia, sono ancora 191 i marinai nelle mani dei pirati e 7 le navi dirottate. Nel 2011 – osserva il Parlamento Ue – è stato segnalato il dirottamento di 28 navi e il sequestro di 470 marinai (15 uccisi). Indispensabile l’impegno delle autorità inquirenti nel tracciare i flussi finanziari e confiscare il denaro versato come riscatto ai pirati. Prima di tutto, però, va sconfitta l’impunità. A tal proposito, il Parlamento Ue “deplora che, nonostante gli accordi di trasferimento dell’Unione europea con paesi terzi (Kenya, Seychelles, Maurizio) e gli accordi bilaterali di rimpatrio dei pirati condannati fra le Seychelles e le regioni somale del Puntland e del Somaliland, molti pirati e altri criminali non siano stati ancora arrestati o che, dopo l’arresto, siano stati spesso rilasciati per mancanza di solide prove legali o l’assenza di volontà politica di incriminarli, e si rammarica che in alcuni Stati membri dell’Unione europea manchino adeguate garanzie legali di diritto penale contro la pirateria d’alto mare”. Di qui la richiesta di tribunali speciali internazionali antipirateria.

Un richiamo, in ultimo, al rispetto del diritto internazionale in base al quale “nessuna autorità diversa da quella dello Stato della bandiera può ordinare provvedimenti di arresto o di blocco di una nave”, neanche per ragioni investigative. Con buona pace degli ufficiali italiani a bordo della nave italiana Enrica Lexie detenuti in India (a cui, naturalmente, il Parlamento europeo non fa cenno).

Si veda il post del 9 marzo 2012.

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