L’obiezione di coscienza non può bloccare il diritto di ricorrere all’aborto

Il diritto di ricorrere all’aborto non rientra nell’ambito dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tuttavia, se gli Stati prevedono la possibilità di farvi ricorso devono porre in essere tutte le misure necessarie affinché una donna possa accedere alle strutture mediche per procedere all’interruzione di gravidanza. E’ quanto ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 30 ottobre 2012 (ricorso n. 57375/08, CASE OF P. AND S. v. POLAND) che è costata una nuova condanna alla Polonia. Alla Corte si era rivolta una minore che, violentata all’età di 14 anni, aveva cercato di abortire. I genitori avevano dato il proprio consenso e, secondo la rigida legge polacca già bocciata dalla Corte europea, si erano rivolti al giudice competente. In realtà, una volta in ospedale non aveva potuto abortire perché tutti i medici erano obiettori di coscienza. Non solo. L’ospedale aveva emesso un comunicato stampa sulla vicenda, consentendo l’identificazione della minore seppure non indicata nominativamente. La ragazza, poi, era stata affidata a una struttura protetta. Di qui il ricorso alla Corte europea che non solo ha ritenuto violato l’articolo 8, ma anche l’articolo 5 (diritto alla libertà personale) e l’articolo 3 (divieto di trattamenti disumani e degradanti). Per la Corte, è vero che ciascuno Stato è libero di scegliere se ammettere o no l’aborto nel proprio sistema, ma una volta ammesso esso deve essere accessibile e quindi, l’obiezione di coscienza non può impedire l’accesso all’aborto. Nel caso di specie, poi, la minore era stata sottoposta a trattamenti disumani e degradanti anche perché era stata sottratta ai genitori e, di fatto, non era stata trattata come una vittima di un grave abuso.

1 Risposta
  • Carlo Marzo
    novembre 12, 2012

    Infatti rientra nell’articolo 10

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