I notai chiamati a svolgere un’attività nei procedimenti di esecuzione forzata in attuazione del regolamento Ue sul titolo esecutivo europeo non possono essere qualificati come giudici o come autorità giurisdizionali nazionali se non è rispettato il principiio del contraddittorio. Di conseguenza, i mandati di esecuzione non sono assimilati ai titoli esecutivi europei e non godono, quindi, della libertà di circolazione fissata nel regolamento Ue n. 805/2004.
E’ la Corte di giustizia dell’Unione europea a stabilirlo con la sentenza depositata il 9 marzo relativa a due cause riunite, C-484/15 (C-484:15) e C-551/15 (C-551:15). Gli eurogiudici hanno ribaltato le conclusioni depositate l’8 settembre 2016 dell’Avvocato generale Bot, raggiungendo un verdetto che certo limita la competenza dei notai nell’applicazione del regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati.
A rivolgersi alla Corte, i giudici croati. Nel primo caso, un avvocato aveva chiesto al notaio un mandato di esecuzione forzata nei confronti di un suo cliente che non aveva versato la parcella dovuta. Il notaio, però, si era rifiutato di emettere la certificazione del mandato come titolo esecutivo europeo perché, a suo avviso, non erano soddisfatti i requisiti previsti dall’atto Ue. Così, la documentazione era stata inviata al Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb che ha sollevato alcuni quesiti pregiudiziali d’interpretazione a Lussemburgo. Nell’altra causa (C-551/15) un notaio aveva emesso un mandato di esecuzione nei confronti di un cittadino tedesco che non aveva pagato l’importo dovuto a una società di parcheggi in Croazia, ma a causa dell’opposizione del debitore, il giudice distrettuale di Pola ha ugualmente chiamato in aiuto la Corte Ue.
Punto centrale è se le funzioni di notaio possano essere assimilabili a quelle di un giudice ai fini del regolamento 805/2004. E questo in particolare nei casi in cui nei procedimenti di esecuzione forzata sia adottato un atto autentico. Prima di tutto, gli eurogiudici hanno chiarito che le nozioni del regolamento Ue sono da interpretare in modo autonomo e uniforme, tenendo conto del contesto della norma e dello scopo perseguito dalla normativa. Escluso, quindi, il rinvio al diritto interno anche per evitare applicazioni a macchia di leopardo dell’atto Ue. Per la Corte, anche se il regolamento non indica le caratteristiche necessarie per qualificare un soggetto come giudice e per classificare un procedimento come giudiziario, da un confronto con altri atti Ue si desume che la nozione di organo giurisdizionale formulata nel regolamento n. 805 si riferisce unicamente alle autorità giudiziarie. Se il legislatore Ue avesse voluto comprendere una nozione più ampia avrebbe fatto una scelta analoga al regolamento n. 650/2012 sulle successioni in cui è chiarito che il termine organo giurisdizionale comprende non solo le autorità giudiziarie ma anche le altre autorità competenti che esercitano funzioni giudiziarie. Non solo. Per la Corte il contesto della libera circolazione delle decisioni, che è alla base del funzionamento del titolo esecutivo europeo, impone un’interpretazione restrittiva “degli elementi che definiscono la nozione di giudice”. Questo – osserva la Corte – proprio per consentire alle autorità nazionali “di individuare le decisioni emesse da giudici di altri Stati membri” che devono rispettare garanzie di indipendenza, di imparzialità e il principio del contraddittorio. Se, quindi, il notaio emette un mandato di esecuzione sulla base di un atto autentico notificato al debitore dopo la sua adozione, il principio del contraddittorio non è rispettato.
La Corte ha poi concluso che l’atto pubblico non può essere certificato come titolo esecutivo europeo se il debitore non riconosce espressamente il credito.
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