Se un cittadino dell’Unione ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità, in presenza di un comportamento che dimostri la persistenza di un atteggiamento lesivo dei valori fondamentali dell’Unione europea, le autorità nazionali di un altro Stato membro possono limitare il soggiorno nel proprio Paese per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza. Necessario, però, prima di adottare una misura di questo genere procedere a una valutazione specifica, caso per caso. E’ quanto ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza depositata il 2 maggio nelle cause riunite C-331/16 e C-366/16 (C-331:16). Nella prima causa, la vicenda nazionale riguardava un cittadino croato e bosniaco che, nel 2001, con moglie e figlio minorenne, aveva presentato domanda di asilo nei Paesi Bassi. L’istanza era stata respinta e, dopo l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, l’uomo aveva chiesto la revoca del divieto di ingresso nel territorio olandese. La domanda era stata accolta, ma il richiedente era stato dichiarato indesiderabile nei Paesi Bassi proprio in ragione del suo passato. Il Tribunale dell’Aja, prima di decidere, si è rivolto agli eurogiudici. Centrale l’interpretazione della direttiva 2004/38 sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Per la Corte, la commissione di crimini di guerra e contro l’umanità o atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite è di particolare gravità. Tuttavia, malgrado ciò, questa situazione non porta automaticamente alla possibilità per le autorità nazionali di imporre una misura limitativa della libertà di circolazione per motivi di ordine pubblico. Le autorità interne, infatti, sono tenute a una valutazione globale in cui si tenga conto del tempo trascorso dalla presunta violazione dei crimini, del comportamento successivo e dell’incidenza sui valori fondamentali dell’Unione. Pertanto – osserva Lussemburgo – per rispettare il diritto Ue è indispensabile che l’adozione di allontanamento si basi su una valutazione caso per caso, nel rispetto del principio di proporzionalità, nonché della solidità dei legami sociali, culturali e familiari con lo Stato membro nel quale si intende soggiornare.
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