Sarà pure un pilastro per la democrazia, ma la libertà di stampa è sempre meno garantita in Europa. Con attacchi, violenze, intimidazioni, uso abusivo della diffamazione che limita fortemente il diritto dei giornalisti ad informare, con un deterioramento della libertà dei media e effetti negativi sulle libertà democratiche. E’ quanto risulta dal rapporto annuale della Piattaforma per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti presentato il 28 aprile (media freedom). Sono ben 201 i casi di gravi minacce alla libertà di stampa che si sono verificati nel 2020 nei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, con un incremento del 40% rispetto al 2019. Non solo. Record di segnalazioni per attacchi fisici (52 casi) e vessazioni o intimidazioni (70 casi). E sarà pure un caso, naturalmente, ma tra le misure adottate da numerosi governi per fronteggiare la pandemia da Covid-19, le autorità nazionali hanno sospeso il diritto di accesso alle informazioni. Quale sia il collegamento tra lotta al virus e limite di accesso alle informazioni non è chiaro – anche se lo diventa di giorno in giorno – ma anche il Governo italiano, presieduto allora da Giuseppe Conte, ha disposto, con il decreto legge “Cura Italia” del 17 marzo 2020, una sospensione nelle risposte di accesso documentale (legge 241/1990) e sull’accesso civico e generalizzato (Dlgs 33/2013), senza fissare un limite temporale. Così, oltre all’Italia, hanno fatto Spagna e Slovenia, mentre altri Paesi come Bulgaria, Serbia e Romania hanno raddoppiato i tempi di risposta delle pubbliche amministrazioni. Misure – si legge nel rapporto – che impediscono lo svolgimento dell’attività giornalistica e l’accesso a dati per verificare il corretto operato delle autorità pubbliche durante la pandemia. Encomiabile il comportamento del Governo scozzese che, invece, ha bloccato il tentativo del Governo di triplicare il termine di risposta rispetto ai 20 giorni previsti.
Pe quanto riguarda i Paesi che fanno peggio sotto il profilo delle minacce all’integrità fisica dei giornalisti, il podio lo conquista la Russia, seguita dall’Italia e dal Regno Unito con inevitabili conseguenze che portano a un declino della libertà di stampa. Fallimento dell’Italia poi per la riforma delle regole sulla diffamazione. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 132 del 9 giugno 2020, ha dato un anno di tempo al Parlamento per introdurre modifiche nel sistema italiano che continua a prevedere il carcere per i giornalisti e sanzioni pecuniarie sproporzionate. Un tentativo per allineare il quadro normativo interno alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che è destinato a fallire visto che il termine del 22 giugno 2021 è arrivato senza che si profili, salvo il solito copione con la presentazione di disegni di legge non seguiti dall’approvazione delle Camere, una conclusione. Ma forse è proprio questo che vogliono molte forze politiche presenti in Parlamento.
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