Libertà di espressione garantita per l’avvocato che esprime un’opinione critica, con una base fattuale sufficiente, nei confronti dei magistrati che stanno svolgendo un’indagine alla quale è interessato un proprio cliente. Lo ha stabilito la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 23 aprile 2015 che ha condotto alla condanna della Francia per violazione dell’articolo 6 della Convenzione, che assicura l’equo processo e dell’articolo 10 sulla libertà di espressione (CASE OF MORICE v. FRANCE). La vicenda aveva preso il via dalla condanna per diffamazione dell’avvocato, ritenuto complice del giornalista, comminata dai giudici francesi. L’uomo, che rappresentava la moglie di un giudice, aveva contestato ad alcuni magistrati un comportamento inerte che aveva impedito di fare luce sulla morte del giudice avvenuta a Djibouti. Tra l’altro, l’avvocato aveva sottolineato la scomparsa di un file su Scientology e l’assenza di un filmato che non era contenuto nel fascicolo processuale. I giudici accusati di inerzia e di scarsa imparzialità lo avevano citato per diffamazione in quanto le sue parole erano state riportate sul quotidiano Le Monde. Dopo la condanna, l’avvocato ha fatto ricorso a Strasburgo che gli ha dato ragione, in un primo tempo, attraverso la Camera, per violazione dell’articolo 6 e, a seguito dell’intervento della Grande Camera, anche per violazione dell’articolo 10. In particolare, la Grande Camera ha ritenuto che la presenza nel procedimento in Cassazione di un magistrato che si era espresso a favore del collega criticato dal legale implicasse un’assenza di imparzialità, constatando, così, una violazione dell’equo processo. Per quanto riguarda la libertà di espressione la Grande Camera ha affermato che l’avvocato ha il diritto di esprimere un giudizio di valore, contenente critiche nei confronti della magistratura, con una base fattuale sufficiente. E’ vero poi che il legale deve tutelare il proprio cliente tenendo conto che esiste una differenza tra parlare all’interno delle aule e all’esterno, ma ciò non toglie che è possibile esprimere critiche soprattutto quando queste riguardano i magistrati inquirenti che sono parti nel processo.
La Corte ha tenuto a sottolineare la differenza tra avvocati e giornalisti respingendo la tesi del CCBE (Council of Bars and Law Societies of Europe) secondo il quale gli avvocati avrebbero la stessa ampiezza nell’esercizio del diritto alla libertà di espressione dei giornalisti. Le due figure professionali – osserva la Corte – sono in una situazione diversa perché gli avvocati sono protagonisti nel sistema giudiziario mentre i giornalisti sono testimoni esterni con il dovere di informare la collettività su questioni di interesse generale. Resta fermo, però, il riconoscimento del diritto anche agli avvocati che esprimono critiche utilizzando la prudenza necessaria a non compromettere l’autorevolezza e l’imparzialità del sistema giudiziario.
Aggiungi un commento