Libertà di espressione e internet: si diffondono interventi statali che impediscono l’accesso al web

 Aumentano le decisioni delle autorità nazionali che dispongono blocchi per l’accesso a internet, con evidenti violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo scrive Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, che ha pubblicato, il 26 settembre, un nuovo Human Rights Comment intitolato “Arbitrary Internet blocking jeopardises freedom of expression”(Internet blocking).

L’allarme – osserva Muižnieks – era stato già lanciato, nel 2011, da Frank La Rue, ex Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione e di espressione, preoccupato per la diffusione di metodi per impedire la diffusione di  informazioni online. In pratica, vere e proprie forme di censura, attuate con diverse modalità che comportano blocchi arbitrari: impedire agli utenti di accedere a determinati siti Web, agli indirizzi di protocollo Internet (IP), alle estensioni del nome del dominio. Analoghe preoccupazioni erano state evidenziate in uno studio del Consiglio d’Europa del 2015, preoccupazioni oggi rafforzate soprattutto nei confronti di Russia e Turchia che spesso utilizzano anche tecniche per rallentare l’accesso alla rete. Non mancano Paesi che tradizionalmente garantiscono la libertà di espressione e che, sempre più spesso, trincerandosi dietro la lotta al terrorismo, adottano misure di controllo su internet (è il caso della Francia).

Il 1° ottobre, poi, è entrato in vigore in Germania il Network Enforcement Act che, però, si propone di combattere l’hate speech e le fake news con multe salatissime, fino a 50 milioni di euro, per i social media che non rimuovono messaggi d’odio in tempi ristrettissimi, da 24 ore a una settimana (si veda http://www.loc.gov/law/foreign-news/article/germany-social-media-platforms-to-be-held-accountable-for-hosted-content-under-facebook-act/)

 

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