La Corte di giustizia dell’Unione europea potrebbe non accogliere le conclusioni dell’Avvocato generale Villanon depositate oggi (causa C-475/11, Konstantinides, CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE), ma certo la sua prospettazione segna un passo avanti verso l’abolizione di restrizioni per i professionisti che intendono svolgere un servizio in un altro Stato membro. A rivolgersi alla Corte è stato il giudice tedesco alle prese con una controversia tra un medico greco, residente nel Paese ellenico, che svolgeva alcuni interventi specializzati in Germania. Un paziente aveva reclamato presso l’Ordine dei medici tedesco ritenendo la tariffa del medico troppo alta. L’Ordine dei medici aveva avviato un’indagine chiedendo al tribunale l’imposizione di sanzioni perché la somma richiesta era eccessiva e incompatibile con le norme professionali tedesche. Allo stesso tempo, il medico greco era accusato di avere fatto una pubblicità via internet con messaggi, secondo l’ordine, volti a creare confusione nei pazienti. Per l’Avvocato generale, le cui conclusioni non sono vincolanti, le tariffe professionali hanno un potenziale restrittivo sulla libera circolazione e possono ostacolarla. Chiarito che nel caso di specie la direttiva 2005/36 non è applicabile ma lo è l’articolo 56 del Trattato, l’Avvocato generale ritiene che l’imposizione di una sanzione solo perché il medico aveva applicato una tariffa diversa rispetto da quella richiesta dall’Ordine dello Stato di destinazione è incompatibile con il Trattato. Solo in casi eccezionali e se la restrizione è funzionale alla tutela di un pubblico interesse essa può essere ammessa. Discorso analogo sul fronte della pubblicità, tanto più se le norme deontologiche sono formulate in modo ambiguo e accompagnate da “un severo regime disciplinare”. Se però il regime applicato non è discriminatorio ed è proporzionale talune restrizioni possono essere ammesse.
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