Sono 3.544 gli avvocati che hanno ottenuto il riconoscimento della propria qualifica in uno Stato membro diverso da quello di origine nel periodo compreso tra il 1997 e aprile 2012. Il quadro normativo costruito dalle istituzioni Ue con le direttive 77/249 intesa a facilitare lo svolgimento effettivo della libera prestazione dei servizi, n. 98/5/Ce sull’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica e, da ultimo con la direttiva 2005/36 del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (recepita in Italia con Dlgs 6 novembre 2007 n. 206), in via di restyling, affiancato da importanti pronunce della Corte di giustizia e dal monitoraggio della Commissione ha funzionato, ma restano ancora ostacoli, anche indiretti, da abbattere. E’ scritto nell’articolato studio redatto dall’Università di Maastricht, finanziato dalla Commissione europea (report_en) relativo alla valutazione del quadro giuridico per la libera circolazione degli avvocati. Lo studio tiene conto delle modalità di attuazione delle direttive generali e specifiche, valutando sia gli aspetti economici sia le problematiche giuridiche. Ancora troppi, in numerosi Stati, gli ostacoli frapposti: per rimuoverli, è indispensabile eliminare burocrazia e formalità troppo rigide imposte in modo non conforme al diritto Ue. Critiche nei confronti dell’Italia che ha di recente prospettato, attraverso il Consiglio dell’Ordine Nazionale degli avvocati, la questione dell’abuso del diritto in relazione al riconoscimento degli avvocati abilitati in Spagna. L’Italia – si sottolinea nello studio – non appare del tutto adempiente nei confronti degli obblighi imposti dall’Unione europea sia con riguardo al diritto di stabilimento sia sotto il profilo della libera circolazione dei servizi. D’altra, parte, in senso negativo all’atteggiamento restrittivo alla circolazione e allo stabilimento degli avvocati comunitari si è espressa anche l’Autorità garante per la concorrenza italiana che, con delibera del 23 aprile 2013, ha ritenuto che alcuni Consigli dell’Ordine degli avvocati avessero violato l’articolo 101 del Trattato ostacolando l’accesso al mercato agli avvocati comunitari (3691-i745chiusura).
Nello studio, che comprende anche un’analisi comparata e illustra le modifiche attuate più di recente negli Stati membri, si sottolinea che il quadro normativo è ancora lacunoso nella parte in cui non fornisce alcun aiuto ai praticanti legali che intendono spostarsi in altri Stati Ue. In questo senso, tenendo conto che è in dirittura di arrivo una modifica della direttiva 2005/36 sembra utile prevedere una disciplina anche per i tirocinanti. Così come andrebbe modificato il sistema della doppia deontologia e semplificate le regole sul diritto di stabilimento. Auspicabile, poi, l’utilizzo di una sorta di carta di identità professionale che valga tra i Paesi membri, novità sulla quale vi è convergenza tra le istituzioni Ue.
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