Le ragioni sociali giustificano l’affidamento diretto per i servizi di trasporto sanitario svolti da associazioni di volontariato

Via libera all’affidamento diretto dei servizi di trasporto sanitario di urgenza alle associazioni di volontariato. Nel segno della solidarietà, dell’universalità del servizio e dell’efficienza del bilancio e a condizione che non ci sia una finalità lucrativa. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea, ribaltando le conclusioni dell’Avvocato generale, con la sentenza C-113/13 depositata l’11 dicembre (croce rossa), che spiana la strada alla possibilità, per le aziende sanitarie, di stipulare accordi con associazioni di volontariato senza gare di appalto, seppure a talune condizioni.

La vicenda arrivata a Lussemburgo ha preso il via da un rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato chiamato a risolvere una controversia tra una Asl ligure e due cooperative che contestavano la concessione, da parte della Regione Liguria, della fornitura di servizi di trasporto sanitario a due associazioni di volontariato, senza una gara di appalto. In base a una legge regionale, infatti, l’amministrazione può disporre che il trasporto sia assicurato direttamente dalle autorità sanitarie locali con mezzi propri o ricorrendo ad associazioni di volontariato o alla Croce rossa, “a fronte di un mero rimborso spese”. Una normativa che, alla fine, la Corte salva, malgrado l’applicabilità della direttiva 2004/18 sul coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, anche ai servizi di trasporto sanitario di urgenza e di emergenza. La Corte Ue, infatti, ha chiarito che l’accordo quadro concluso dalla Regione rientra nell’ambito di applicazione della direttiva anche quando le associazioni non hanno un fine di lucro e la remunerazione è limitata al rimborso delle spese sostenute. L’assenza di trasferimenti finanziari – osserva la Corte – non è un elemento decisivo per escludere l’applicazione delle regole Ue, fermo restando che, a seconda della soglia di valore dell’appalto, potrà trovare applicazione la direttiva 2004/18 o unicamente le regole del Trattato Ue.

Non solo. Gli eurogiudici constatano che il sistema basato sulle convenzioni determina una limitazione alla libertà di prestazione dei servizi, restringendo la concorrenza anche a danno di imprese con sede in altri Stati membri che, in mancanza di gare di appalto, non possono concorrere alla prestazione del servizio. Si configura, così, una discriminazione indiretta in base alla nazionalità.

Detto questo, però, Lussemburgo blinda l’autonomia degli Stati  in materia di sanità pubblica. Secondo la Corte, l’obiettivo di assicurare un servizio medico ed ospedaliero equilibrato, accessibile a tutti, evitando sprechi di risorse finanziarie, tecniche ed umane può giustificare una limitazione alla libera prestazione dei servizi. In pratica, scrivono gli eurogiudici, la salute e la vita delle persone sono beni di importanza primaria che comportano la concessione agli Stati di un margine di potere discrezionale nel “decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto”, anche tenendo conto delle esigenze di equilibrio del sistema. Se lo Stato, però, si avvale di operatori privati che non perseguono fini di lucro, evitando il ricorso a una gara di appalto, deve anche garantire che “l’attività delle associazioni di volontariato sia svolta da lavoratori unicamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento” e che le associazioni non perseguano obiettivi diversi e non traggano profitto dalle prestazioni fornite. Anche per evitare ogni forma di abuso del diritto.

 

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