Il cambiamento della legge italiana sull’ergastolo ostativo soddisfa il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che, con la decisione del 9 marzo 2023 (DH-DD(2023)91, CM Viola), ha ritenuto di sicuro interesse le modifiche introdotte nell’ordinamento italiano chiedendo, però, ulteriori chiarimenti sull’attuazione effettiva della legge. Il Comitato è intervenuto nella sua funzione di vigilanza sull’esecuzione delle sentenze della Corte da parte degli Stati, con particolare riguardo alla pronuncia del 13 giugno 2019 nel caso Viola contro Italia n. 2 (ricorso n. 77633/16, AFFAIRE MARCELLO VIOLA c. ITALIE (N? 2), con la quale Strasburgo aveva condannato lo Stato in causa perché l’ergastolo ostativo, disposto in base l’articolo 22 c.p. e agli articoli 4-bis e 58-ter della legge sull’ordinamento penitenziario, contrastava con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che vieta i trattamenti inumani e degradanti proprio perché una misura del genere non consente il rispetto della dignità umana che è al centro dell’intera Convenzione europea. La Corte aveva chiesto, in quell’occasione, considerando sussistente un problema strutturale, una riforma del regime dell’ergastolo ostativo in grado di assicurare il riesame della pena e l’eliminazione di automatismi, al fine di garantire una reale valutazione del comportamento del detenuto e la concessione di permessi premio. La questione è stata così iscritta nell’agenda del Comitato dei ministri il quale ha considerato le recenti modifiche legislative relative all’articolo 41bis, contenute nel decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022, convertito con legge n. 199 del 30 novembre 2022. Per il Comitato tali modifiche sono in grado di rispondere alle richieste della Corte europea e, almeno potenzialmente, di risolvere il problema strutturale italiano che ha condotto a numerosi ricorsi a Strasburgo. In pratica, con i nuovi interventi legislativi, illustrati dall’Italia nel piano di azione presentato il 20 gennaio 2023, (Comunicazione) non vige più la presunzione che la mancata collaborazione con le autorità giudiziarie italiana impedisca, senza eccezioni, la possibilità di permessi o un’attenuazione del regime carcerario o della pena, poiché è stata delineata una presunzione confutabile. Pertanto, i tribunali nazionali possono effettuare una valutazione completa della situazione dei detenuti e valutare, a prescindere dalla cooperazione con le autorità giudiziarie, i progressi verso la riabilitazione. Resta da vedere se le nuove norme permetteranno effettivamente “un’autentica rivalutazione dei cambiamenti rilevanti dei detenuti e delle ragionevoli prospettive di soddisfare le rigorose condizioni richieste per la concessione della licenza”. Di conseguenza, il Comitato, pur valutando positivamente le modifiche legislative, ritiene che l’Italia debba fornire informazioni sul funzionamento effettivo del meccanismo di revisione e fornire i casi di decisioni giudiziarie pertinenti, con una particolare attenzione al funzionamento del sistema di onere della prova stabilito dalle nuove norme. Il Comitato ha poi riservato un grande apprezzamento all’operato della Corte costituzionale (con particolare riguardo all’ordinanza n. 97 del 15 aprile 2021 e alla n. 227 dell’8 novembre 2022) che aveva chiesto al Parlamento una revisione conforme alla Convenzione europea. E questo ha spinto il Comitato ad esprimere “fiducia sul fatto che le nuove norme saranno interpretate e applicate dai tribunali nazionali in conformità con quanto previsto dalla Convenzione”, rilevando, in ogni caso, che la possibilità di richiedere un riesame sull’ammissibilità della liberazione condizionale è un obbligo di mezzi e non di risultato.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/fine-pena-mai-contrario-alla-cedu-litalia-condannata-a-strasburgo.html
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