La Santa Sede viola la Convenzione sui diritti del fanciullo. Ma il rapporto del Comitato ONU presenta qualche ombra

Coperture degli autori di abusi sessuali, impunità, semplice spostamento da una sede all’altra dei preti colpevoli di gravi reati sessuali nei confronti di bambini. E’ il quadro a tinte fosche che emerge nelle osservazioni conclusive sul rapporto periodico relativo alla Santa sede presentato dal Comitato sui diritti del fanciullo, l’organo che si occupa del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione Onu del 1989, che ha messo nero su bianco le omissioni e le coperture garantite in troppe occasioni dai vertici della Chiesa (CRC_C_VAT_CO_2_16302_E). E’ soprattutto l’impunità di cui hanno beneficiato alcuni preti autori di abusi sessuali nei confronti di minori a sconcertare il Comitato sui diritti del fanciullo. Il Comitato riconosce che dal dicembre 2013, allorquando è stata istituita da Papa Francesco una Commissione ad  hoc per la protezione dei minori, anche con il compito di ricevere le denunce sugli abusi, la Santa Sede sta mostrando un preciso cambiamento di rotta, ma non può non sottolineare le coperture assicurate in troppe occasioni agli autori dei crimini. Non è il primo Stato a ricevere critiche dall’organo Onu ma è evidente che nei confronti del Vaticano assumono una portata diversa tanto più che il Comitato sottolinea la duplice natura della Santa Sede che non solo è tenuta a rispettare la Convenzione nel proprio ambito territoriale, ma deve assicurare che i vescovi e i superiori (che pure non agiscono come delegati del Pontefice), rispettino la Convenzione in ogni luogo, in ragione dell’obbligo di obbedienza in base al canone 331 e 590. Lo Stato del Vaticano – precisa il Comitato – si è impegnato a rispettare la Convenzione non solo sul territorio statale, ma in ogni luogo, in quanto potere supremo della Chiesa cattolica, attraverso le istituzioni e gli individui posti sotto la propria autorità. Il Comitato chiede misure concrete come la modifica del diritto canonico affinché gli abusi sessuali non siano considerati come delitti contro la morale ma crimini puniti in modo effettivo. Ma c’è di più, perché l’organo convenzionale chiede la rimozione di coloro che sono sospettati di abusi, senza misure tenui come spostamenti in altre sedi. Va segnalato che l’11 luglio 2013 con le norme complementari in materia penale introdotte dalla legge n. VIII dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano le modifiche, seppure non nel codice di diritto canonico, sono state compiute perché l’articolo 8 punisce con la reclusione da 5 a 10 anni atti sessuali con minori, con aggravanti per chi ha compiti di istruzione e cura.

Tra le altre osservazioni critiche il Comitato segnala il contrasto con l’articolo 7 della Convenzione che assicura il diritto di conoscere i propri genitori. La Santa Sede, infatti, garantisce un sostegno economico ai figli nati da preti ma solo a seguito della conclusione di un accordo di segretezza. Una prassi in contrasto con l’articolo 7 della Convenzione di New York e con l’articolo 8 che prevede il diritto a preservare le proprie relazioni familiari, senza che il bambino possa essere privato degli elementi costitutivi dell’identità. Da eliminare poi l’utilizzo di punizioni corporali negli istituti.

Valutati con favore, invece, i progressi avviati che sembrano condurre all’eliminazione, dal diritto canonico, dell’espressione discriminatoria “figli illegittimi”.

La Santa Sede ha criticato il rapporto ritenendo che vi siano state  ingerenze da parte del Comitato che sarebbe andato al di là del proprio mandato (http://www.news.va/it/news/p-lombardi-documento-comitato-onu-sui-minori-anoma). A ben guardare, mentre le osservazioni poc’anzi indicate sono del tutto conformi alle verifiche relative al pieno rispetto della Convenzione, desta qualche perplessità e non convince del tutto il richiamo critico alla Santa Sede sull’aborto. Ed invero il Comitato richiede la modifica del Canone 1398 al fine di consentire l’accesso all’aborto in specifiche circostanze. Non ci sembra che nella Convenzione sia in alcun modo previsto il diritto all’aborto tant’è che lo stesso articolo 24 stabilisce unicamente l’obbligo degli Stati di prevedere per le madri adeguate cure prenatali e postnatali. Riguardo poi al richiamo alla contraccezione il Comitato tralascia di considerare che la Santa Sede, al momento della ratifica, ha posto una riserva interpretativa all’articolo 24, lett. f) che chiede agli Stati di stabilire servizi per la pianificazione familiare specificando che per la Santa Sede si tratta unicamente di metodi naturali di pianificazione familiare.

Il Comitato ha anche diffuso le osservazioni conclusive, anche queste non vincolanti, sul Protocollo riguardante la lotta alla pedopornografia CRC_C_OPSC_VAT_CO_1_16307_E e su quello relativo al divieto di reclutamento di bambini soldato (CRC_C_OPAC_VAT_CO_1_16311_E). La verifica sull’attuazione delle osservazioni è prevista per il 2017.

 

 

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