La prescrizione è incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo se lede i diritti delle vittime

Una pronuncia che suona come una sonora condanna all’Italia che a causa della prescrizione ha impedito alle vittime di una violazione delle norme convenzionali di ottenere la condanna dei colpevoli. Con la sentenza del 29 marzo 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Alikaj contro Italia (ricorso n. 47357/08, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/portal.asp?sessionId=68845070&skin=hudoc-fr&action=request) ha non solo accertato la violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconosce il diritto alla vita, ma ha anche espresso critiche sul sistema penale italiano che non è stato in grado di assicurare, proprio a causa della prescrizione, alcuna funzione deterrente e un’adeguata punizione del colpevole.

A Strasburgo si erano rivolti i genitori e le sorelle di un giovane albanese che era stato ucciso da un agente di polizia. Il diciannovenne si trovava su un’automobile che era stata fermata a un posto di blocco: durante l’inseguimento un agente di polizia aveva esploso un colpo di pistola che aveva colpito e ucciso il ragazzo. L’agente era stato ritenuto colpevole di omicidio colposo, ma la Corte d’assise aveva applicato le attenuanti e, a causa della prescrizione, aveva dichiarato il non luogo a procedere. La Cassazione aveva poi respinto anche il ricorso del pubblico ministero. Di qui la decisione dei familiari di rivolgersi a Strasburgo che ha dato ragione ai parenti su tutta la linea. Questo perché c’era stato un uso sproporzionato della forza poiché il diciannovenne ucciso non era armato e il comportamento del gruppo non aveva costituito in alcun momento una minaccia per la polizia. Ma è stata soprattutto la fase successiva alla morte del giovane a spingere la Corte a condannare l’Italia.

Prima di tutto perché l’inchiesta sulla morte di Alikaj era stata affidata agli stessi colleghi dell’agente di polizia accusato di aver sparato. E poi perché l’agente di polizia, a causa della prescrizione, non aveva subito neanche una sanzione disciplinare. La Corte di cassazione, poi, aveva respinto il ricorso del pubblico ministero che, per evitare la prescrizione, aveva impugnato la sentenza della Corte d’assise che aveva applicato le circostanze attenuanti e non le aggravanti che, invece, potevano essere prese in considerazione tenendo conto che l’evento si era verificato durante l’esercizio delle proprie funzioni. Un quadro, questo, che porta la Corte di Strasburgo a bocciare il sistema penale che nel caso specifico non aveva svolto alcuna funzione “deterrente idonea ad assicurare la prevenzione efficace degli atti illeciti”. Tanto più che – precisa Strasburgo – la prescrizione rientra senza dubbio tra le misure inammissibili secondo la giurisprudenza della Corte perché ha l’effetto di impedire una condanna.

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