La nozione di autorità giudiziaria di uno Stato membro contenuta nella direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale (OEI), recepita in Italia con il decreto legislativo n. 108 del 21 giugno 2017, non coincide con quella inserita nella decisione quadro 2002/584 relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (recepita in Italia con legge n. 69/2005). Lo ha precisato la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza depositata l’8 dicembre 2020 nella causa C-584/19 (CURIA – Documenti) con la quale gli eurogiudici hanno stabilito che l’ordine europeo di indagine può essere emesso dalla procura di uno Stato membro, anche in un rapporto di subordinazione con l’esecutivo, a differenza di quanto previsto per il mandato di arresto europeo. La questione pregiudiziale alla Corte Ue è stata sollevata dal Tribunale penale di Vienna. La procura di Amburgo aveva chiesto alle autorità viennesi la trasmissione delle copie degli estratti del conto bancario di un indagato per frode, ma tale atto, in Austria, deve essere autorizzato da un giudice. Così, prima di decidere, il Tribunale di Vienna ha chiesto ai colleghi Ue di chiarire la nozione di autorità giudiziaria ai sensi della direttiva 2014/41 e, in particolare, se la procura di Amburgo possa rientrare in tale nozione e se costituisca un’autorità di emissione ai sensi dell’articolo 2, lettera c) della direttiva in esame.
In base alla direttiva 2014/41, l’autorità di esecuzione deve procedere, nei casi in cui non sussistano motivi di non riconoscimento o di non esecuzione al riconoscimento e all’esecuzione dell’ordine europeo, ad attuare gli ordini dell’autorità di emissione che, ai sensi dell’articolo 2, è “un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nel caso interessato”, nonché “qualsiasi altra autorità competente, definita dallo Stato di emissione che, nel caso di specie, agisca in qualità di autorità inquirente nel procedimento penale e sia competente a disporre l’acquisizione di prove in conformità del diritto nazionale”. La direttiva non fissa ulteriori condizioni e non chiede che l’autorità inquirente o il pubblico ministero non si trovino in un rapporto di subordinazione legale nei confronti del potere esecutivo. Pertanto, anche se emesso da dette autorità, l’OEI va eseguito. Non incidono, su tale conclusione, le sentenze del 27 maggio 2019 (C-508/18 e C-82/19, e C-509/18), con le quali Lussemburgo ha precisato che la nozione di autorità giudiziaria emittente, prevista dall’articolo 6 della decisione quadro 2002/584, “non riguarda le procure di uno Stato membro esposte” al rischio di “essere soggetto, direttamente o indirettamente, ad ordini o istruzioni individuali” del potere esecutivo. La differente formulazione di “autorità giudiziaria emittente” presente nella decisione quadro 2002/584 e nella direttiva 2014/41 comporta che, se in base all’ordinamento interno il pubblico ministero può ordinare atti di indagine per acquisire prove relativamente al caso del quale si sta occupando, tale magistrato rientra tra le autorità giudiziarie emittenti ai sensi della direttiva 2014/41.
Aggiungi un commento