E’ contraria al diritto Ue la legge italiana sulla responsabilità civile dei giudici che esclude il risarcimento dei danni causati ai singoli dalla violazione del diritto dell’Unione da parte di organi giurisdizionali di ultimo grado se la violazione deriva dall’interpretazione del diritto o dalla valutazione di fatti e prove. Non solo. La limitazione della responsabilità unicamente ai casi in cui vi sia dolo o colpa grave del giudice nazionale è una restrizione arbitraria non compatibile con il diritto dell’Unione. Sono i principi stabiliti dalla Corte di giustizia UE contenuti nella sentenza depositata oggi (causa C-379/10,http://curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang=it&newform=newform&Submit=Avvia+la+ricerca&alljur=alljur&jurcdj=jurcdj&jurtpi=jurtpi&jurtfp=jurtfp&alldocrec=alldocrec&docj=docj&docor=docor&docdecision=docdecision&docop=docop&docppoag=docppoag&docav=docav&docsom=docsom&docinf=docinf&alldocnorec=alldocnorec&docnoj=docnoj&docnoor=docnoor&radtypeord=on&typeord=ALL&docnodecision=docnodecision&allcommjo=allcommjo&affint=affint&affclose=affclose&numaff=C-379%2F10&ddatefs=&mdatefs=&ydatefs=&ddatefe=&mdatefe=&ydatefe=&nomusuel=&domaine=&mots=&resmax=100) che, in via di fatto, impone al legislatore nazionale una rivisitazione della legge n. 117/88 sulla responsabilità civile dei giudici, confermando le avvisaglie, accuratamente ignorate, che già erano arrivate dalla sentenza Traghetti del Mediterraneo (causa C-173/03).
Ai giudici di Lussemburgo si era rivolta la Commissione che accusava di inadempimento l’Italia perché riteneva incompatibili con il diritto Ue i limiti stabiliti dall’ordinamento interno alle azioni di responsabilità extracontrattuale nei confronti dello Stato italiano per violazioni del diritto Ue a danno di singoli commesse attraverso gli organi giurisdizionali. Una tesi condivisa dalla Corte di giustizia. Prima di tutto – osservano i giudici Ue – gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati dai singoli per violazione del diritto dell’Unione se la norma violata attribuisce diritti ai singoli, se la violazione è sufficientemente caratterizzata e se esiste un nesso causale tra la violazione dell’obbligo e il danno subito dai soggetti lesi. Questo vuol dire che, tenendo conto del secondo requisito, lo Stato è responsabile se il giudice “ha violato in maniera manifesta il diritto vigente”. Chiariti i presupposti, la Corte esclude la possibilità per gli Stati di imporre ulteriori condizioni, più rigorose “di quelle derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente”. Ora, poiché la legge italiana richiede la presenza del dolo o della colpa grave nel caso di violazione da parte degli organi giurisdizionali ed esclude la responsabilità per le questioni relative all’interpretazione del diritto e alla valutazione delle prove, l’ordinamento interno inserisce restrizioni non consentite dal diritto dell’Unione.
Adesso la parola, anche se il giudice nazionale deve già disapplicare la norma interna contraria al diritto Ue , passa al legislatore che dovrà mettere mano alla legge 117/88 per non incorrere in una sanzione pecuniaria. Ma c’è di più. E’ vero, infatti, che la sentenza della Corte impone una modifica della legge nella sola parte in cui essa incide negativamente sull’applicazione del diritto comunitario, ma lasciare in piedi un meccanismo di responsabilità dello Stato che stabilisce l’obbligo di dimostrare la colpa grave o il dolo nei soli casi in cui l’autorità giurisdizionale debba applicare il diritto interno e rimuovere questo requisito nei casi di applicazione del diritto dell’Unione comporta una discriminazione tra cittadini lesi dall’attuazione del diritto ad opera dei giudici nazionali.
Aggiungi un commento