La Corte europea boccia i pubblici ministeri sottoposti all’esecutivo

I pubblici ministeri, in Francia, non hanno indipendenza dall’esecutivo e quindi non possono essere considerati come autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 5, par. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Una sonora bocciatura del sistema della giustizia francese, quella pronunciata dalla Corte europea con la sentenza depositata il 23 novembre 2010 relativa al caso Moulin contro Francia (http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=25&portal=hbkm&action=html&highlight=&sessionid=62799236&skin=hudoc-fr) che è costata a Parigi una condanna per violazione della Convenzione. Alla Corte si era rivolta una donna che, arrestata per traffico di stupefacenti, lamentava di non essere stata condotta dinanzi a un giudice come previsto dall’articolo 5 della Convenzione secondo il quale «ogni persona arrestata o detenuta… deve essere tradotta al più presto dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie…». Le autorità francesi sostenevano che, poiché la donna era stata condotta dinanzi a un pubblico ministero, si poteva ritenere soddisfatto l’articolo 5 della Convenzione. Una posizione non condivisa dalla Corte, secondo la quale il pubblico ministero sottoposto all’esecutivo, come avviene in Francia, non può essere considerato come autorità giudiziaria tanto più che i procuratori non sono inamovibili e il potere disciplinare nei loro confronti è conferito al Ministro della giustizia.

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