La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sul ne bis in idem. Con la sentenza depositata il 16 aprile nel caso Bjarni Ármannsson contro Islanda, Strasburgo ha precisato, ancora una volta, la portata dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo che sancisce il principio del ne bis in idem, osservando, in quest’occasione, che se in due procedimenti – uno amministrativo/tributario (di natura sostanzialmente penale) e l’altro penale – che riguardano la stessa persona e il medesimo fatto, le prove sono state raccolte e poi valutate separatamente, in modo indipendente, è violato il divieto dello svolgimento del doppio procedimento e della successiva doppia sanzione (CASE OF BJARNI ?RMANNSSON v. ICELAND). Questo anche quando la decisione penale è rinviata in attesa del provvedimento dell’agenzia delle entrate sulla rivalutazione delle somme dovute a seguito dell’evasione fiscale e se, seppure per un breve periodo, si verifica una sovrapposizione dei procedimenti. La vicenda riguardava il direttore di un istituto di credito islandese che non aveva comunicato correttamente i redditi percepiti e che, di conseguenza, aveva dovuto pagare un importo maggiorato dopo il ricalcolo delle somme dovute per il periodo fiscale 2007-2009, con l’aggiunta di una maggiorazione del 25%. La decisione dell’agenzia delle entrate era divenuta definitiva nell’agosto 2012 e il fascicolo era stato trasmesso, qualche mese prima, alla procura. Era stato avviato un procedimento penale e l’uomo era stato condannato a sei mesi di reclusione e al pagamento di un’ammenda. Di qui, il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha accertato, in primo luogo, la natura penale di entrambi i procedimenti. Per quanto riguarda l’applicazione del principio, Strasburgo ha rilevato, per l’idem factum, che l’illecito nasceva dallo stesso fatto o da un fatto che era sostanzialmente lo stesso ossia una violazione delle regole in materia di tasse e che l’arco temporale nel quale si era verificato il fatto e l’entità della somma non dichiarata erano identici. Con riferimento al bis, la Corte ha escluso l’esistenza di una connessione sostanziale e temporale, sufficientemente stretta, tra il procedimento penale e quello amministrativo. E’ vero che i due procedimenti avevano una funzione complementare perché entrambi puntavano a far sì che fosse rispettato l’obbligo di versare le tasse in base a quanto percepito, che le sanzioni erano prevedibili perché l’ordinamento islandese contempla entrambi i procedimenti nel caso in cui siano state fornite informazioni non veritiere in materia fiscale e che, nel fissare la multa, le autorità competenti in materia penale avevano calcolato ciò che il ricorrente aveva già corrisposto a seguito del procedimento amministrativo il cui fascicolo era stato trasmesso alla Procura. Tuttavia, malgrado tutti questi elementi facessero propendere per l’esistenza di una connessione sufficientemente stretta sotto il profilo sostanziale e temporale, la Corte europea esclude detta connessione perché gli inquirenti e la polizia avevano svolto indagini indipendenti. “La condotta del ricorrente e la sua responsabilità – osserva Strasburgo – erano state esaminate da autorità e da tribunali indipendenti”, in procedimenti ampiamente autonomi uno dall’altro che, per di più, si erano svolti in parallelo solo per un arco di tempo limitato (poco più di 5 mesi). Così, per i giudici internazionali, proprio tenendo conto delle differenze relative all’arco temporale e all’indipendenza nella raccolta e nella valutazione delle prove, non vi è stata una connessione particolarmente stretta sotto il profilo sostanziale e temporale tra il procedimento penale e quello tributario/amministrativo e, quindi, i due procedimenti, penale e amministrativo, non possono essere considerati due aspetti di un sistema unico. Di qui la violazione dei principio del ne bis in idem.
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