Nel procedere al riconoscimento delle sentenze straniere, il limite dell’ordine pubblico deve essere applicato solo con riguardo agli effetti dell’atto straniero nell’ordinamento interno. E questo anche quando l’ordinamento straniero riconosca una condizione di privilegio al marito rispetto alla moglie. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza n. 17170/17 depositata il 14 agosto (Cassazione 17170). La vicenda ha al centro un’ordinanza della Corte di appello di Bari con la quale era stata disposta la cancellazione della trascrizione dai registri dello stato civile della sentenza di divorzio pronunciata dalla Corte suprema di Teheran. Il marito aveva impugnato la pronuncia dei giudici di merito. La Cassazione ha dato ragione al ricorrente sostenendo che, nell’applicare l’articolo 64, comma 1, lett. g), della legge n. 218/95, è necessario valutare gli effetti della sentenza straniera nell’ordinamento italiano, senza che sia possibile decidere sulla base della valutazione di compatibilità tra gli istituti stranieri e quelli nazionali. Di conseguenza, la Corte di appello, per la Suprema Corte, aveva commesso un errore nell’adottare una decisione tenendo conto del fatto che il divorzio pronunciato in Iran (divorzio del genere rojee) “non si discosta dall’istituto del ripudio”. La valutazione, invece, – precisa la Cassazione – deve essere svolta tenendo conto degli effetti della pronuncia straniera e, quindi, nelle motivazioni i giudici nazionali devono valutare gli effetti della decisione “e non la correttezza della soluzione adottata nell’ordinamento straniero o della legge italiana, non essendo consentita un’indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto”. Va escluso, così, un sindacato sul contenuto o di merito o finanche della correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o di quello italiano. La circostanza che la Corte di appello abbia ritenuto che il carattere unilaterale ed arbitrario del divorzio iraniano determini un’assimilazione al ripudio, porta a ritenere che vi sia stato un sindacato sul contenuto e non sugli effetti dell’atto. Inoltre, non può costituire un ostacolo al riconoscimento il fatto che nella sentenza straniera sia stata applicata una disciplina difforme rispetto “alle norme interne benché imperative o inderogabili” anche perché non devono essere cancellate le diversità tra sistemi giuridici. Così, la Cassazione ha accolto il ricorso del marito, cassato la sentenza impugnata e rinviato la nuova decisione alla Corte di appello di Bari che dovrà procedere in altra composizione.
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