La consegna in esecuzione di un mandato di arresto non impedisce l’avvio di un procedimento penale per reati anteriori nello Stato richiesto

La Corte di cassazione è intervenuta sull’applicazione del principio di specialità previsto nella decisione quadro 2002/584/Gai del 13 giugno 2002 relativa al mandato di arresto e alle procedure di consegna tra Stati membri, recepita in Italia con legge n. 69/2005 . E lo ha fatto, con la sentenza n. 39240 depositata il 28 ottobre 2011, interpretando le norme interne alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue (sen39240). Il ricorso in cassazione era stato presentato da un imputato che, consegnato alla Spagna in esecuzione di un mandato di arresto europeo, era stato assolto nel Paese iberico. In Italia, dove era stato condannato in I grado prima della consegna, era stato detenuto per alcuni reati precedenti alla consegna e il Tribunale di Napoli, con ordinanza, aveva disposto la sospensione del provvedimento in virtù del principio di specialità. L’ordinanza era stata impugnata in cassazione perché secondo il ricorrente il giudice avrebbe dovuto disporre un annullamento e non una sospensione della misura cautelare. Una tesi non condivisa dalla Cassazione che è partita dalla differenza tra regole riguardanti il mandato di arresto europeo e quelle contenute nei trattati in materia di estradizione. Nel primo caso, in modo analogo ma non identico alle regole proprie degli accordi di estradizione, la persona consegnata, in forza del principio di specialità (art. 27 della decisione quadro), non può essere sottoposta a un procedimento penale per reati commessi anteriormente alla consegna, diversi da quelli per i quali la persona è stata consegnata. Se questo è il principio, la decisione quadro pone, con l’articolo 27, 3° comma, alcune eccezioni a differenza di quanto previsto nella Convenzione europea di estradizione del 1957. Ora, tenendo conto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso Leymann e Pustovarov (sentenza del 1° dicembre 2008, causa C-388/08) e dell’obbligo dell’interpretazione conforme sancito nel caso Pupino, la Cassazione ha ritenuto corretta la semplice sospensione della misura detentiva, ritenendo invece possibile lo svolgimento del procedimento penale perché la decisione quadro vieta, in forza del principio di specialità, forme di coercizione personale ma non il perseguimento penale.

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