La Cedu sbarra la strada ai ricorsi contro la Turchia per le misure post golpe malgrado l’allarme degli organismi internazionali

Malgrado gli arresti di massa di magistrati, giornalisti, accademici, attivisti dei diritti umani, la Corte europea dei diritti dell’uomo non vede nessuna circostanza speciale per ritenere che il ricorso a Strasburgo di una giudice turca, rimossa dall’incarico all’indomani del tentato golpe del 15 luglio e arrestata nell’ondata repressiva di Erdogan, possa essere dichiarato ricevibile senza che la ricorrente abbia esperito i ricorsi interni e, in particolare, alla Corte costituzionale turca. Segno che, per Strasburgo, che si è pronunciata con decisione depositata il 17 novembre (caso Mercan contro Turchia, ricorso n. 56511/16, mercan-c-turquie), il sistema giudiziario turco rispetta gli standard convenzionali. Porte chiuse, quindi, per il ricorso presentato dalla giudice che era stata rimossa dal suo incarico e posta in custodia cautelare dopo il tentativo di colpo di Stato del 15 luglio, che aveva portato le autorità nazionali a destituire dalle proprie funzioni ben 2.900 magistrati. La donna si era rivolta alla Corte di assise di Ordu (Turchia), ma la sua azione era stata respinta. Di qui il ricorso alla Corte europea per violazione, da parte della Turchia, del diritto alla libertà e alla sicurezza garantito dall’articolo 5 della Convenzione europea: la donna, infatti, sosteneva di essere stata sottoposta a una misura detentiva senza alcuna prova e senza che le autorità inquirenti le avessero fornito alcuna indicazione dei motivi dell’arresto. In particolare, la ricorrente sosteneva la necessità di adire subito, per far valere i propri diritti, la Corte europea in ragione dell’ineffettività del ricorso alla Corte costituzionale, tenendo conto del contesto di gravi repressioni nei confronti dei magistrati, culminati con l’arresto di due giudici della stessa Corte costituzionale. Un problema che per Strasburgo evidentemente non esiste, malgrado Ankara abbia anche notificato la sospensione dell’applicazione della Convenzione in base all’articolo 15.

La Corte europea, infatti, richiama altri precedenti relativi però a una fase in cui non erano state adottate le misure speciali dopo il tentato colpo di Stato. Il timore circa la mancanza di imparzialità dei giudici – osserva Strasburgo – non solleva la ricorrente da presentare prima il ricorso alla Corte costituzionale, come previsto dall’articolo 35, par. 1 della Convenzione europea. Nel presente caso, secondo i giudici internazionali, non vi sono motivi (sic) per discostarsi dalla giurisprudenza consolidata che ha già giudicato i ricorsi alla Corte costituzionale turca come effettivi. Inoltre, per Strasburgo gli argomenti avanzati dall’interessata circa l’esistenza di circostanze particolari proprio a causa delle reazioni del Governo “non consentono di far dubitare prima facie dell’effettività dei ricorsi dinanzi alla Corte costituzionale”.

Una posizione allarmante e sconcertante perché se la Corte non vede in quest’occasione i motivi per non considerare ineffettivi i ricorsi interni non è chiaro quando lo farà. Intanto il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) ha adottato, il 10 novembre, una dichiarazione con la quale sottolinea le preoccupazioni per lo stato del diritto e degli operatori del settore in Turchia (ccje-statement) e l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha inviato un Comitato, guidato da Mogens Jensen, per accertare la situazione, evidentemente per nulla rassicurata dalle dichiarazioni dei rappresentanti turchi. Senza dimenticare l’importante dichiarazione del Presidente del Mechanism for International Criminal Tribunals (http://www.unmict.org/) Theodor Meron che, nel corso della presentazione del quarto rapporto annuale sull’attività del Meccanismo dinanzi all’Assemblea generale dell’Onu ha additato il comportamento delle autorità turche che hanno arrestato il giudice del Meccanismo internazionale, Aydin Sefa Akay, detenuto dal 21 settembre (meron-turchia). Meron ha chiesto alla Turchia il rispetto effettivo degli obblighi internazionali in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite e l’immediata scarcerazione del giudice Akay. E’ evidente che, anche alla luce di questi atti, la decisione della Corte europea è sconcertante e con un evidente errore di valutazione.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/turchia-cosi-erdogan-seppellisce-i-diritti-umani-unione-europea-inerte.html

5 Risposte
  • gianfranco fiore
    novembre 26, 2016

    Inconcepibile occorre farlo presente al Consiglio d’Europa.

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