La legge straniera deve essere applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo. Di conseguenza, il giudice italiano deve tener conto degli sviluppi giurisprudenziali relativi a una determinata norma. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza n. 21712/15 (21712). A rivolgersi alla Suprema Corte in forza dell’articolo 15 della legge n. 218/95, un cittadino al quale la Corte di appello di Milano aveva ordinato il pagamento di un debito di gioco pari a 17mila euro più una penale di 1.700 euro a vantaggio della Societè du casinò du palais de la Mediterrannee (Nizza). Ad avviso dei giudici di merito nel caso specifico andava applicato l’articolo 1965 del codice civile francese in base al quale non sono ammesse azioni da parte del creditore per ottenere il pagamento di debiti di gioco e di scommesse. Tale disposizione, scrive la Corte di appello, è stata però interpretata nel senso che le azioni non sono impedite ai casinò autorizzati dalla legge e la cui attività è regolata dai pubblici poteri. Un’interpretazione infondata ad avviso del ricorrente in ragione dei mutamenti giurisprudenziali, non considerati dai giudici di secondo grado ancorati a una sentenza risalente nel tempo. La Corte di Cassazione ha condiviso la posizione del ricorrente in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 1965 del codice civile. La Suprema Corte parte dalla constatazione che l’articolo 15 della legge n. 218 del 1995 di diritto internazionale privato impone l’applicazione della legge straniera secondo “i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo”. Nel caso in esame, in base all’articolo 57 della legge n. 218 che, per individuare la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali rinvia alla Convenzione di Roma del 1980 (sostituita dal regolamento n. 593/2008), va applicato l’articolo 4 di tale Convenzione che, in mancanza di scelta di legge, richiama l’ordinamento con il quale l’obbligazione presenta il collegamento più stretto che, in via generale, si presume essere quello del luogo in cui colui che ha la residenza abituale svolge la prestazione caratteristica. Nel caso di specie si tratta della legge francese perché in Francia, nella sede del casinò, è avvenuta la dazione di fiches al giocatore. Ora, alla luce dell’obbligo di interpretare la legge secondo l’ordinamento richiamato, è necessario considerare – scrive la Cassazione – la numerosa giurisprudenza in materia in base alla quale l’esclusione di azioni giudiziarie per debiti di gioco permane malgrado si tratti di casinò autorizzati per legge e regolati da pubblici poteri, se il debito non deriva direttamente dal gioco ma da un mutuo concesso al giocatore dal casinò. Una posizione non presa in considerazione dalla Corte di appello di Milano che si è basata unicamente sulla qualità del creditore. Così, poiché l’interpretazione dell’articolo 1965 del codice civile francese non è stata corretta “secondo i criteri ermeneutici adottati nel tempo dall’ordinamento la cui disciplina regola la fattispecie concreta, come imposto dall’articolo 15 della legge n. 218/1995”, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano.
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