Spetterà alla Corte costituzionale decidere se il procedimento dinanzi alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, chiamata a pronunciarsi in appello sull’iscrizione dei medici nonché sull’irrogazione di sanzioni disciplinari, è compatibile con il principio costituzionale dell’equo processo e con la terzietà dell’organo giurisdizionale. In particolare, la Consulta dovrà pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 17 del Dlgs n. 233/1946 in relazione agli articoli 108, comma 2, 111 e con l’articolo 117 della Costituzione, con riferimento alla norma interposta ossia l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che assicura l’equo processo e la terzietà del giudice. Una decisione che potrebbe avere effetti a cascata su altri organi di giurisdizione speciale competenti per i ricorsi contro i provvedimenti degli ordini professionali.
A nutrire dubbi sul punto è stata la Corte di cassazione, seconda sezione civile, che, con ordinanza interlocutoria n. 596/15 del 15 gennaio (596-2015) e ribaltando il precedente orientamento, ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della composizione della Commissione per gli esercenti le professioni sanitarie. Al centro del ricorso alla Cassazione, la decisione dell’Ordine provinciale dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano che aveva respinto la richiesta di un cittadino siriano il quale chiedeva l’iscrizione nell’albo in forza di un diploma di laurea libanese. Per la Commissione non era possibile estendere l’accordo di riconoscimento sui titoli, esistente con la Siria, a diplomi provenienti da Paesi terzi. La difesa del ricorrente ha avanzato dubbi sulla costituzionalità del procedimento soprattutto in considerazione del fatto che fanno parte, della Commissione, due componenti di designazione governativa, per di più incardinati nello stesso Ministero citato in giudizio, in contrasto con l’articolo 6 della CEDU. Una posizione condivisa dalla Cassazione che, invece, in passato, aveva sempre respinto le eccezioni di illegittimità costituzionale per violazione della terzietà e dell’indipendenza della Commissione. Rimeditando sul precedente orientamento, la Corte di cassazione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea, solleva la questione in ordine all’equità del processo e all’esistenza effettiva di un tribunale indipendente e imparziale non convinta della composizione della Commissione nella quale sono presenti due componenti che, durante lo svolgimento di funzioni giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati presso il Ministero della salute, che è parte del processo. Dubbi, quindi, per l’assenza di garanzie in ordine ai meccanismi di selezione e per l’autonomia dei componenti della Commissione centrale. Adesso la parola alla Consulta.
Aggiungi un commento