In vigore, dal 9 novembre 2016, il Protocollo n. P029 adottato l’11 giugno 2014 relativo alla Convenzione sul lavoro forzato del 1930 (protocol-p029). Una buona notizia accompagnata, però, da un dato negativo, ossia dal numero limitato di Stati parti che hanno ratificato il Protocollo. Si tratta di Niger, Norvegia, Regno Unito, Mauritania, Mali, Francia, Repubblica Ceca, Panama e Argentina. Il Protocollo è oggi in vigore per Niger e Norvegia, mentre per gli altri Paesi ratificanti entrerà in vigore in date differenziate nel 2017.
Grandi assenti proprio i Paesi Ue, malgrado la decisione 2015/2037 del Consiglio del 10 novembre 2015 che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse dell’Unione europea, il Protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’Organizzazione internazionale del lavoro per quanto riguarda le questioni relative alla politica sociale (decisione). Eppure che si tratti di un’emergenza, per di più strettamente connessa alla tratta di esseri umani, lo dicono i numeri, con 21 milioni di vittime di lavoro forzato (11,4 milioni di donne), soprattutto da parte di imprese private (19 milioni, 2 invece sono vittime di Stati e gruppi insurrezionali). Un dramma che genera profitti per un importo pari a 150 miliardi di dollari l’anno. Settori più coinvolti lavoro domestico, agricoltura, edilizia, settore manufatturiero e artistico. Il Protocollo chiede agli Stati la previsione di sanzioni penali, un piano d’azione per l’eliminazione di questa piaga e un sistema di indennizzo alle vittime.
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