Modellato in modo simile alla legge n. 69 sul mandato di arresto europeo, è stato adottato il decreto legislativo n. 36 del 15 febbraio 2015 con il quale è stata recepita la decisione quadro n. 2009/829/GAI sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, che è entrato in vigore il 26 marzo (n. 36). L’ambito di applicazione riguarda i provvedimenti emessi durante un procedimento penale “dall’autorità giudiziaria con cui si impongono alla persona fisica, in alternativa alla detenzione cautelare, uno o più obblighi o prescrizioni”. Pertanto, gli Stati, in assenza di un’armonizzazione delle misure cautelari, sono liberi nell’individuazione delle misure alternative e nella individuazione dei reati per i quali esse sono applicabili. L’articolo 4 del Dlgs indica, in un elenco che appare tassativo e che non riproduce pedissequamente quelle indicate nell’articolo 8 della decisione quadro, le misure cautelari interessate dal nuovo sistema quali: l’obbligo di comunicare ogni cambiamento di residenza, il divieto di frequentare determinati luoghi, posti o zone del territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione, l’obbligo di rimanere in un determinato luogo, talvolta anche in ore stabilite, il divieto o le restrizioni del diritto di lasciare il territorio, l’obbligo di presentarsi all’autorità indicata nel provvedimento impositivo, il divieto di avere contatti con persone coinvolte nel reato, il divieto di esercitare determinate attività professionali. Va segnalato che, in ogni caso, ci sembra che in base all’articolo 8 della decisione quadro, per quanto non espressamente previsto nel decreto legislativo, l’Italia possa avvalersi del diritto di comunicare al segretario generale del Consiglio altre misure cautelari che è disposta a sorvegliare e che sono indicate, in modo non tassativo, dalla stessa decisione quadro. In ogni caso, tale eventualità avrà, se nella prassi troverà attuazione, carattere eccezionale tenendo conto che il legislatore non ha riprodotto l’articolo 13 della decisione quadro che attribuisce allo Stato di esecuzione la possibilità di adattare le misure cautelari adottate nello Stato di emissione e non previste nell’ordinamento del Paese di esecuzione. Nel funzionamento di questo strumento, è centrale il ruolo delle autorità competenti che, in base all’articolo 3 del Dlgs n. 36, sono il Ministero della giustizia e l’autorità giudiziaria. Il primo provvede alla trasmissione e alla ricezione delle decisioni sulle misure cautelari, nonché all’invio del certificato predisposto in base alla decisione quadro e riprodotto nell’allegato I del decreto. Sempre il Ministero è competente per le richieste di integrazione la cui pertinenza non è attribuita all’autorità giudiziaria. In via residuale e, quindi, solo nei limiti in cui è previsto dal decreto, è autorizzato il dialogo diretto tra autorità giudiziarie con l’obbligo, però, per quella italiana, di informare il Ministro della giustizia della trasmissione o della ricezione di una decisione sulle misure cautelari.
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