L’elusione delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran da parte di enti di proprietà statale arriva alla Corte Suprema degli Stati Uniti che, con la sentenza depositata il 19 aprile, ha negato lo scudo dell’immunità a una banca turca, la Halkbank, di proprietà dello Stato (n. 21-1450, corte suprema). La vicenda Turkiye Halk Bankasi A.S. v. United States aveva al centro le attività dell’istituto di credito di proprietà del Governo turco accusato, nel 2019, di frode bancaria e cospirazione per aver consentito ad alcune società l’utilizzo della banca per operazioni economiche che avevano fatto arrivare denaro in Iran, aggirando così le sanzioni statunitensi. In pratica, la banca avrebbe convertito i proventi del petrolio in oro e in contanti a favore del Governo di Teheran e avrebbe documentato false spedizioni di cibo per nascondere i trasferimenti di proventi derivanti dal petrolio. In questo modo, l’Iran sarebbe riuscito a trasferire 20 miliardi di dollari, in parte riciclati attraverso il sistema finanziario statunitense. Il Secondo Circuito (U.S. Court of Appeals for the Second Circuit) nel 2021 si era pronunciato contro la banca ritenendo che anche qualora si fosse considerato applicabile il Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA), doveva essere utilizzata l’eccezione per lo svolgimento di attività commerciali, senza così addentrarsi sull’inapplicabilità della legge statunitense a un caso penale. La Corte Suprema, con una maggioranza di 7 voti a 2, ha invece chiarito che la banca non godeva dell’immunità e che il Foreign Sovereign Immunities Act non poteva essere applicato nei procedimenti penali (prescidendo, quindi, dalla questione relativa all’attività privatistica della banca e dall’applicazione di eventuali eccezioni), respingendo così la tesi della banca e limitazioni alla giurisdizione dei tribunali statunitensi. La banca – scrive la Corte Suprema – svolge “attività puramente commerciale” e, quindi, non si può ritenere che non debba rispondere di condotte criminali che colpiscono i cittadini statunitensi e minacciano la sicurezza nazionale” non solo perché il FSIA assicura l’immunità unicamente nei procedimenti civili e non in quelli penali, ma anche perché la banca svolgeva attività privatistica e non iure imperii. Se il quadro della legislazione statunitense è chiaro, non così gli aspetti legati al diritto internazionale consuetudinario. Pertanto, la Corte ha anche ritenuto che il Secondo Circuito avrebbe dovuto motivare la questione dell’immunità in base ai principi di “common law” e al diritto internazionale e ha così rimandato il caso alla Corte di appello che fornirà chiarimenti proprio sugli aspetti più rilevanti sotto il profilo del diritto internazionale.
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