Immunità degli Stati esteri e attività commerciali: chiarimenti dai giudici Usa

È la Corte di appello per il distretto della Columbia (Stati Uniti) a tornare sull’applicazione dell’immunità nei casi di procedimenti esecutivi nei confronti di beni di un Paese straniero che si trovano sul territorio Usa. Con la pronuncia depositata il 30 luglio 2024, nel caso TIG Insurance Co. v. Republic of Argentina, i giudici di appello hanno chiesto a quelli di primo grado di rivalutare l’applicazione di alcune eccezioni all’immunità dalla giurisdizione di Stati esteri con particolare riguardo alla valutazione dei comportamenti dello Stato per accertare l’eventuale rinuncia all’immunità nei casi di successione in un contratto e gli effetti dell’adesione a una procedura arbitrale tra Stato estero e privato e la successiva esecuzione sui beni di un altro Stato (n. 23-7064, immunità argentina).

La vicenda ha avuto origine da una controversia tra una società (TIG Group) che aveva ottenuto due lodi arbitrali favorevoli nei quali si stabiliva che l’Argentina, in quanto successore di una società statale, poi insolvente, doveva al TIG Group la somma di 33 milioni di dollari. L’Argentina aveva messo in vendita alcuni immobili negli Stati Uniti, alcuni dei quali erano stati utilizzati in passato come residenza diplomatica, con connessa richiesta di pignoramento da parte della società. Il Governo argentino aveva allora deciso di ritirare dal mercato la proprietà e aveva invocato l’immunità dall’esecuzione in base al Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA) che riconosce l’immunità giurisdizionale di uno Stato estero, pur ammettendo alcune eccezioni come nel caso di attività commerciali e di arbitrato. In questo caso, l’Argentina aveva accettato di risolvere la controversia attraverso l’arbitrato. Nella fase di esecuzione avviata dalla TIG su proprietà argentine negli Stati Uniti, era sorta un’ulteriore controversia che presenta alcuni punti problematici anche con riguardo al diritto internazionale e, in particolare con la Convenzione interamericana sull’arbitrato commerciale internazionale, nota come Convenzione di Panama del 30 gennaio 1975 (ratificata da Argentina e Stati Uniti. I due Stati non hanno invece ratificato la Convenzione di New York sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2 dicembre 2004). La corte distrettuale aveva accolto l’eccezione del Governo di Buenos Aires riconoscendo l’immunità in quanto l’immobile era stato tolto dal mercato e non sarebbe rientrato, così, nel momento di emissione del mandato di esecuzione, tra le proprietà utilizzate a fini commerciali. In appello il verdetto era stato ribaltato in quanto la valutazione sul carattere commerciale di una proprietà non avrebbe dovuto essere effettuato nel momento dell’esecuzione del provvedimento di sequestro, ma considerando il complesso delle circostanze. La controversia è continuata tra ricorsi e contro-ricorsi fino ad arrivare alla sentenza della Corte di appello del Distretto della Columbia la quale ha stabilito che l’Argentina era effettivamente il successore della società dichiarata insolvente. Tuttavia, sulla questione dell’immunità, la Corte ha respinto la posizione della società di assicurazione secondo la quale l’Argentina non aveva richiamato la questione dell’immunità nella memoria di risposta e ha richiesto alla Corte distrettuale di verificare se l’Argentina avesse effettivamente rinunciato all’immunità nel momento in cui aveva assunto le obbligazioni della società insolvente, chiedendo di valutare l’applicazione delle due eccezioni incluse nel FSIA, relative all’arbitrato e alla rinuncia.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *