Il lavoro da casa durante la pandemia e il proseguimento di questa modalità di lavoro anche in futuro ha portato alla luce diverse questioni relative al diritto a disconnettersi. Se prima la reperibilità continua, senza soste durante il giorno e senza pausa nel weekend riguardava alcuni lavoratori, la situazione attuale e lo scenario futuro hanno posto nuove questioni giuridiche e la necessità di prevedere un vero e proprio diritto a disconnettessi. L’Unione europea prova a intervenire e lo fa il Parlamento con la risoluzione del 21 gennaio 2021 (TA-9-2021-0021_IT) con la quale, preso atto che per la prima volta il 37% dei lavoratori Ue hanno iniziato a lavorare da casa durante il lockdown, senza più distinzione, in diversi casi, tra attività professionale e vita privata, ritiene necessario che la Commissione presenti una proposta legislativa. Partendo da un presupposto: in diversi casi “chi lavora in smartworking ha il doppio delle probabilità di lavorare più dell’orario massimo lavorativo stabilito dalla direttiva sull’orario di lavoro rispetto a coloro che non lo fanno”. Nella risoluzione del 21 gennaio gli eurodeputati hanno chiesto alla Commissione europea di proporre una direttiva che assicuri il diritto dei lavoratori a disconnettersi e che stabilisca standard di base per il lavoro da remoto, con i necessari interventi sul quadro normativo esistente inclusa la direttiva 2003/88 su taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, recepita in Italia con Dlgs n. 66/2003, modificato dal n. 213/2004. Questo anche per evitare effetti negativi sulla salute. In particolare, dovrebbe essere individuato uno strumento di registrazione efficace dell’orario di lavoro, evitando il rischio di lavoro straordinario non retribuito. Centrale, quindi, l’individuazione di una linea di confine tra attività lavorativa e tempo libero e un’adeguata informazione sul diritto a disconnettersi. Le nuove possibilità offerte dalla tecnologia – scrive il Parlamento europeo – incluso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale non devono “condurre a un uso disumanizzato degli strumenti digitali, né sollevare preoccupazioni relative alla vita privata e a una raccolta dei dati personali. Adesso spetta alla Commissione, tenendo conto del quadro normativo esistente (inclusa la direttiva 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare) e delle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea, il compito di intervenire.
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