Il no della Commissione europea all’avvio di un’azione per inadempimento contro uno Stato membro non può essere impugnato dinanzi ai giudici Ue dai singoli individui. Lo ha ribadito il Tribunale Ue con ordinanza del 2 luglio 2014 (T-403/14, Tribunale) a seguito di un ricorso di un cittadino italiano residente in Nigeria. Il ricorrente aveva impugnato la decisione della Commissione di non avviare un procedimento per inadempimento “nei confronti della Repubblica federale di Germania, a seguito dell’asserita violazione degli articoli 18, 56 e 267 TFUE, di cui egli sarebbe stato vittima a causa della sua estradizione verso gli Stati Uniti d’America”.
Per il Tribunale, in caso di risposta negativa all’avvio di un’azione per inadempimento, i singoli non possono presentare ricorso. Questo perché gli atti adottati dalla Commissione nell’azione per inadempimento sono rivolti agli Stati membri, con la conseguenza che “né il parere motivato, che costituisce solo una fase preliminare all’eventuale deposito di un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte, né l’adizione della Corte attraverso l’effettivo deposito di un ricorso siffatto possono costituire atti riguardanti direttamente le persone fisiche o giuridiche” che, come è noto, possono presentare un ricorso di annullamento solo nel caso di atti adottati nei propri confronti o che li riguardino direttamente o individualmente. Così non è nel caso di provvedimenti della Commissione che riguardano gli Stati membri. Di qui la decisione di respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile.
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