E’ di sicuro lo strumento relativo alla cooperazione giudiziaria penale di maggior successo nell’Unione europea, ma il mandato di arresto europeo, che ha consentito di abbattere i tempi di trasferimento di indagati, imputati e condannati tra i Paesi Ue, mostra i segni del tempo e richiede qualche aggiustamento. Lo dice la Commissione europea nella relazione sullo stato di attuazione del mandato di arresto europeo nei 27 Stati membri presentata l’11 aprile (http://ec.europa.eu/justice/policies/criminal/extradition/docs/com_2011_175_en.pdf,). Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009 sono stati emessi 54.689 mandati di arresto che hanno portato alla consegna di 11.630 indagati. Tagliati poi i tempi di trasferimento: con l’estradizione, il tempo di consegna era pari a un anno, a fronte, nell’attuazione del mandato di arresto, di 16 giorni nei casi in cui l’indagato acconsente alla consegna o di 48 giorni se si oppone. A tutto vantaggio della lotta alla criminalità nello spazio Ue.
Tra tante luci non mancano, però, le ombre soprattutto perché – precisa la Commissione europea – gli Stati membri ricorrono in modo eccessivo al mandato di arresto per reati minori.
Anche il Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg con una nota del 15 marzo 2011 (http://commissioner.cws.coe.int/tiki-view_blog_post.php?postId=124) ha richiamato gli Stati a una maggiore attenzione alla tutela dei diritti umani nell’esecuzione dei mandati di arresto.
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