Il kinder non si tocca. Lo dice il Tribunale dell’Unione europea nella sentenza del 16 maggio (T-580/10, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=122881&pageIndex=0&doclang=FR&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=1075390) con la quale i giudici Ue hanno dato ragione alla Ferrero in una causa relativa al marchio kinder. Un cittadino tedesco aveva chiesto all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno la registrazione di un marchio comunitario denominato “Kindertraum” riferito a prodotti di cartoleria e decorazioni natalizie. La Ferrero Spa si era opposta in ragione dell’utilizzo del marchio denominativo italiano “kinder” riferito a vari prodotti. L’UAMI aveva dato ragione alla Ferrero, ma l’azienda tedesca aveva chiesto al Tribunale Ue l’annullamento della decisione soprattutto perché il marchio anteriore, a suo avviso, aveva un mero carattere descrittivo. Una conclusione non condivisa da Lussemburgo. E’ vero – osserva il Tribunale Ue – che per il pubblico interessato ossia quello italiano la parola Kinder non ha alcun significato malgrado in Germania si riferisca a bambini, ma il rischio di confusione sussiste ugualmente. Questo anche quando il carattere distintivo del marchio è debole. D’altra parte, prosegue il Tribunale, l’elemento distintivo del marchio anteriore è solo uno degli elementi da considerare per accertare il rischio di confusione che può sussistere anche per altre ragioni come, ad esempio, la somiglianza dei segni, dei prodotti o dei servizi. Tale rischio, inoltre, “comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore”, soprattutto in presenza di una similitudine con i prodotti e i servizi forniti. Il kinder è così salvo.
Ps. La sentenza è stata divulgata in francese e in tedesco. Fuori l’italiano malgrado fosse coinvolta la Ferrero. Segno che l’Italia continua a perdere le battaglie a tutela della propria lingua.
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