Il diritto al matrimonio per coppie dello stesso sesso non passa per Strasburgo

Il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie omosessuali non passa attraverso Strasburgo. E’ il risultato della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, il 24 giugno 2010 (ricorso n. 30141/04, Schalk e Kopf contro Austria http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=&sessionid=55998051&skin=hudoc-en), ha stabilito che la Convenzione europea non prevede un obbligo per gli Stati parti alla Convenzione europea di prevedere nel proprio ordinamento il matrimonio anche per coppie omosessuali. Per la Corte, l’articolo 12 della Convenzione si riferisce in modo espresso al matrimonio tra uomini e donne e non agli individui in generale: gli Stati, quindi, possono prevedere,  del tutto legittimamente, unicamente il matrimonio per le coppie eterosessuali. Tanto più, chiarisce la Corte, che tra gli Stati che hanno ratificato la Convenzione europea solo 6 Stati su 47 prevedono il matrimonio per partner dello stesso sesso e, solo di recente, alcuni Stati hanno introdotto forme di registrazione di coppie di fatto anche dello stesso sesso. La Corte ha poi sottolineato le differenze tra l’articolo 12 della Convenzione europea e l’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che si allontana dalla disposizione convenzionale e si riferisce anche a matrimoni tra coppie omosessuali. La Carta infatti – precisa la Corte – «ha omesso deliberatamente il riferimento a uomini e donne», con ciò permettendo una nozione più ampia di matrimonio rispetto ad altri atti internazionali. Anche se – secondo la Corte, che così ha interpretato la disposizione della Carta Ue – l’articolo 9 lascia la decisione di prevedere o no questo matrimonio sempre agli Stati.

La Corte europea ha anche escluso una violazione, da parte dell’Austria, dell’articolo 8 e dell’articolo 14, laddove le norme interne, pur ammettendo la registrazione delle unioni omosessuali, escludono tali coppie dal godimento di alcuni diritti, proprio in ragione del margine di discrezionalità attribuito alle autorità nazionali dalla stessa Convenzione. La sentenza è destinata a influenzare altri ricorsi pendenti a Strasburgo tra i quali il caso Chapin e Charpentier contro Francia.

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