Il cambiamento del nome non passa per Strasburgo

Le questioni legate al nome rientrano nella nozione di vita privata e familiare, ma lo Stato può porre limiti ai cambiamenti del nome registrato all’anagrafe, se giustificati da esigenze legate alla tutela di interessi generali. E’ quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Golemanova contro Bulgaria (ricorso n. 11369/04, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=11369/04&sessionid=66703726&skin=hudoc-en), adottata sul filo di lana (4 voti a favore della Bulgaria e 3 della ricorrente) il 17 febbraio. A Strasburgo si era rivolta una donna che aveva chiesto alle autorità amministrative nazionali di cambiare il proprio nome registrato alla nascita con il nome con il quale era stata chiamata sin dall’infanzia. Al diniego degli ufficiali di stato civile, la donna si era rivolta ai giudici che, però, le avevano dato torto perché non sussistevano “serie ragioni” per autorizzare il cambiamento. Di qui il ricorso a Strasburgo. Tuttavia, la Corte europea non ha ritenuto che vi fosse una violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla vita privata e familiare, proprio perché le autorità nazionali hanno effettuato un giusto bilanciamento tra l’interesse della ricorrente e quello della società nel suo insieme.

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