I limiti al diritto a divorziare non contrari alla CEDU

Il diritto al divorzio non passa per Strasburgo. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza depositata il 10 gennaio 2017 nel caso Babiarz contro Polonia (ricorso n. 1955/10, CASE OF BABIARZ v. POLAND), ha dato ragione a Varsavia e ha stabilito che non è contraria alla Convenzione dei diritti dell’uomo la scelta legislativa effettuata da uno Stato che permette, nel caso di opposizione di uno dei coniugi, di non concedere il divorzio all’altro partner. Per la Corte, infatti, il diritto al rispetto della vita privata e familiare assicurato dall’articolo 8 della Convenzione e il diritto a sposarsi (articolo 12) non attribuiscono il diritto al divorzio. E questo malgrado l’opposizione di un coniuge al divorzio impedisca all’altro un nuovo matrimonio.

E’ stato un cittadino polacco a rivolgersi alla Corte europea. L’uomo aveva presentato una domanda di divorzio prima senza colpa e poi con addebito, ma la moglie, malgrado il marito già vivesse con un’altra donna e avesse una figlia, si era opposta. I tribunali nazionali avevano respinto tutti i ricorsi perché nei casi di richiesta di divorzio per colpa, se l’altro coniuge rifiuta il consenso, lo scioglimento del matrimonio non può essere concesso, salvo nei casi in cui l’opposizione avvenga in modo abusivo, situazione che per i giudici nazionali non si era verificata. Di qui il ricorso a Strasburgo che, però, ha respinto il ricorso con una scelta che ha spaccato la Camera che ha deciso a maggioranza (5 a 2).

La Corte europea, pur riconoscendo che l’articolo 8 (diritto alla vita familiare) e l’articolo 12 (diritto al matrimonio) non attribuiscono il diritto al divorzio, afferma che la Convenzione è uno strumento vivente da interpretare tenendo conto della realtà odierna. Una premessa che sembrerebbe condurre al riconoscimento di un diritto al divorzio, ma la Corte, invece, si limita ad affermare che dalle norme in esame risulta solo che se una legislazione nazionale prevede il divorzio esiste poi un diritto a risposarsi. Inoltre, Strasburgo, pur riconoscendo la sussistenza di obblighi negativi di non ingerenza e positivi, con misure idonee a consentire la realizzazione del diritto, precisa che gli Stati hanno un ampio margine di apprezzamento nell’adozione della legislazione sul divorzio e possono adottare misure per proteggere il matrimonio. Per Strasburgo, tutto ciò che si può dire è che se la legge interna prevede il divorzio deve essere riconosciuto il diritto a risposarsi. Di conseguenza, poiché in Polonia non sussiste un’assoluta impossibilità ad ottenere il divorzio, la Corte europea ritiene che non si è verificata una violazione della Convenzione. E questo malgrado, in sostanza, il marito vede limitarsi il diritto allo scioglimento del matrimonio e, quindi, il diritto a risposarsi e a tutelare la famiglia de facto già costituita.

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