Il green pass non è equiparabile a un obbligo vaccinale. Le numerose leggi francesi adottate per impedire la diffusione della pandemia e che hanno anche previsto la presentazione del green pass per entrare in determinati luoghi chiusi non dispongono alcun obbligo vaccinale, se non per alcune categorie di lavoratori, come medici e infermieri. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con una decisione depositata il 21 settembre e diffusa ieri (ZAMBRANO c. FRANCE).
A rivolgersi alla Corte è stato un cittadino francese, lettore universitario, che sosteneva la contrarietà all’articolo 3 della Convenzione sul divieto di trattamenti inumani e degradanti, all’articolo 8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, all’articolo 14 sul divieto di discriminazione e all’articolo 1 del Protocollo n. 12 (divieto generale di discriminazione, Protocollo, però, non ratificato da Parigi) delle regole francesi sul green pass. L’uomo aveva creato anche un sito internet denominato “No PASS!!” e aveva invitato i visitatori a compilare un modulo per incrementare il numero di ricorsi alla Corte europea e, così, di fatto procedere a presentare una sorta di ricorso collettivo. Il ricorso era stato presentato a suo nome, ma con una dichiarazione nella quale era riportato un elenco di altri 7.934 ricorrenti. A questo si erano poi aggiunti altri 18mila ricorsi, conseguenza del sistema di adesione attivato su internet dal ricorrente. Ma per lui nulla da fare: il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sono stati esperiti i ricorsi interni, tanto più che il ricorrente non aveva dimostrato che i ricorsi amministrativi interni sarebbero stati ineffettivi, e perché il ricorrente è incorso in un abuso del diritto.
Per Strasburgo, le modalità scelte dal ricorrente per rivolgersi a Strasburgo sono incompatibili con gli obiettivi per i quali è stato previsto il ricorso individuale alla Corte anche perché l’uomo aveva agito deliberatamente per intaccare il sistema della Convenzione e il funzionamento della Corte. Le azioni del ricorrente avevano portato al deposito di 18mila ricorsi analoghi alla Corte: in tutti i casi, scrivono i giudici internazionali, non è stato rispettato l’articolo 47 del Regolamento della Corte relativo ai ricorsi individuali, con la conseguenza che anche questi non saranno esaminati da Strasburgo. La Corte, poi, boccia la “chiamata alle armi” rivolta ai visitatori della pagina web del ricorrente perché l’uomo aveva precisato che il fine di quest’ondata di ricorsi era quello di congestionare il lavoro della Corte, facendo aumentare il carico di lavoro e l’arretrato. I ricorsi, quindi, erano basati su una strategia legale, in modo contrario allo spirito della Convenzione. In ultimo, la Corte europea ritiene che il ricorrente non ha provato la sua qualità di vittima, non ha dimostrato che le norme francesi imponessero un obbligo di vaccinazione nei suoi confronti proprio perché tale obbligo è fissato solo per determinate categorie di lavoratori. Di conseguenza, egli non ha provato in che modo le leggi contestate incidessero direttamente sul suo diritto individuale al rispetto della sua vita privata e in che modo le norme sul green pass incidessero sui diritti convenzionali nel caso di persone vaccinate.
Intanto, sempre ieri, la Corte ha comunicato un altro ricorso alla Francia relativo al caso Thevenon (THEVENON c. FRANCE). In questo caso, l’azione è stata avviata da un vigile del fuoco che, in base alla legge francese del 5 agosto 2021, era stato obbligato a vaccinarsi. Il ricorso è stato presentato il 10 settembre e comunicato alla Francia, per avere chiarimenti dal Governo di Parigi sulle misure adottate e sul diritto al rispetto della vita privata e familiare.
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