La piaga dello sfruttamento dei lavoratori continua ad essere ampiamente diffusa nell’Unione europea. E questo malgrado l’articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta schiavitù e lavoro forzato e l’articolo 31 che garantisce il diritto a condizioni di lavoro eque e giuste. Lo scrive l’Agenzia europea dei diritti fondamentali nello studio su “Severe labour exploitation: workers moving within or into the European Union”(fra-2015-severe-labour-exploitation_en), nel primo studio che analizza tutte le forme criminali di sfruttamento dell’attività lavorativa nell’Unione europea. I più colpiti, i lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione europea o che vi arrivano come migranti i quali si trovano, in molti casi, a subire forme di sfruttamento in violazione delle regole dell’Unione europea, senza possibilità di denunciare. Tra i settori più coinvolti dalla piaga dello sfruttamento l’agricoltura, l’edilizia, il lavoro domestico, alberghiero e la ristorazione, nonché l’industria manifatturiera. Pochi i rischi per i datori di lavoro che violano le leggi e pochi i casi di indennizzi corrisposti alle vittime. Con effetti dannosi su larga scala e a catena perché l’impunità, garantita in via di fatto a chi viola le regole a tutela dei lavoratori, apre il campo alla ripetizione di simili forme di sfruttamento e alla diffusione endemica delle violazioni. Dal rapporto risulta che cambiano i luoghi e i settori ma le tipologie di sfruttamento rimangono le stesse con lavoratori pagati meno di un euro l’ora e giornate lavorative di 12 ore, sei o sette giorni la settimana. Non solo. Gli Stati membri non fanno abbastanza. Basti pensare che il reato di impiegare un lavoratore migrante in condizioni lavorative di grave sfruttamento è punibile, in alcuni Stati membri, con una condanna massima inferiore ai due anni.
Un dato accomuna questa piaga: l’assenza di denunce per paura di perdere il lavoro, segno che sono necessari nuovi interventi per assicurare un’adeguata protezione e favorire l’accesso alla giustizia. Nell’analizzare i casi e la prassi seguita negli Stati membri, il rapporto segnala, come dato positivo, la concessione del permesso di soggiorno a coloro che denunciano. In questo modo si innescano effetti virtuosi a catena come dimostrano alcuni casi della prassi, anche con riguardo all’Italia. Tra gli interventi da predisporre un rafforzamento del ruolo delle aziende che devono avere comportamenti conformi alle regole, la diffusione di ispezioni e il coordinamento tra le diverse autorità coinvolte, dalla polizia agli ispettori del lavoro, passando per le associazioni dei datori di lavoro nonché una maggiore sensibilizzazione dei consumatori che dovrebbero acquistare prodotti con certificazioni che attestino il rispetto delle regole.
Aggiungi un commento