Le autorità di uno Stato membro possono negare a un cittadino di un Paese terzo il diritto di soggiorno nel territorio sul quale vive il familiare cittadino Ue che però non ha mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione in quanto cittadino dell’Unione. A patto, però, che il diniego opposto dalle autorità nazionali non comporti “la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione”. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza dell’8 maggio 2013 nella causa C-87/11 (C-87:11). Il rinvio pregiudiziale è stato posto dai giudici nazionali del Lussemburgo che avevano respinto la domanda di soggiorno ad alcuni cittadini kossovari che volevano ricongiungersi con il proprio figlio e fratello già entrato in Lussemburgo da molti anni il quale ne aveva poi ottenuto la cittadinanza. La Corte di giustizia ha chiarito, in primo luogo, che la direttiva 2004/38 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e la 2003/86 relativa al diritto al ricongiungimento familiare, non sono applicabili a cittadini di Paesi terzi che richiedono un diritto di soggiorno per raggiungere un familiare divenuto cittadino Ue che però non ha mai esercitato il diritto alla libera circolazione e abbia sempre soggiornato quale cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza. Non solo. Per la Corte di giustizia, l’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea non conferisce diritti a cittadini di Paesi terzi e, quindi, salvo situazioni particolari in cui in conseguenza di un diniego, il cittadino sarebbe di fatto costretto a lasciare il territorio dell’Unione, “privandolo quindi del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status suddetto”, le autorità nazionali possono respingere le istanze dei cittadini di Paesi terzi. Riguardo poi all’applicabilità della Carta dei diritti fondamentali, la Corte di giustizia ha precisato che, proprio perché la questione del diritto di soggiorno quali familiari di un cittadino dell’Unione che non esercita la libera circolazione non rientra nell’attuazione del diritto dell’Unione, la Carta non può essere applicata. Tuttavia, prosegue la Corte, “una siffatta constatazione non pregiudica la questione se, in base ad un esame effettuato alla luce delle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono parti contraenti, un diritto di soggiorno possa essere negato ai cittadini di paesi terzi interessati nell’ambito del procedimento principale”.
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