Un freno al forum shopping in materia di divorzio e alle manovre per aggirare i tempi lunghi dei processi di separazione in patria. Con quest’obiettivo, in Inghilterra, la Family Court Division, con sentenza del 30 settembre, ha annullato le pronunce di divorzio già rese da tribunali inglesi e ha accertato che 180 domande di divorzio presentate da cittadini italiani non erano fondate su un titolo di giurisdizione effettivamente esistente, idoneo a fondare la competenza dei giudici inglesi, (Rapisarda v Colladon (Irregular Divorces) [2014] EWFC 35 (30 September 2014). Alcuni cittadini stranieri, molti dei quali italiani, avevano presentato l’istanza di divorzio dinanzi ai giudici inglesi sostenendo la giurisdizione di detti giudici in base al regolamento del 27 novembre 2003 n. 2201 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale il cui articolo 3 prevede, tra gli altri titoli, che possa essere adito il giudice dello Stato membro in cui l’attore ha la residenza abituale se aveva “la residenza abituale per sei mesi immediatamente prima della domanda”. A patto, però, che non frodi la legge. Così era stato nei casi presentati dinanzi ai giudici inglesi: la Family Court Division ha accertato, infatti, che quasi tutti richiedenti avevano lo stesso indirizzo che corrispondeva a una casella postale di una società. Un chiaro tentativo di frodare la legge al fine di rivolgersi al giudice che più rapidamente avrebbe potuto pronunciare il divorzio. Di qui l’annullamento dei provvedimenti emessi.
Va ricordato che l’Unione europea ha adottato il regolamento n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010 sull’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (cosiddetto “Roma III”), relativo alle situazioni aventi carattere transnazionale, in vigore dal 21 giugno 2012 al quale, però, il Regno Unito non ha preso parte.
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